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giovedì 25 febbraio 2016

Sono solo gamberetti - storia di trote e invertebrati

Anfipodi giganti! Actione! Terrore! Suspensa! Romanza!  Ora che ho catturato la vostra attenzione leggete anche il resto!

Nello scorso articolo avevamo visto come le trote siano composte, per molti versi, di materia esterna all'ambiente acquatico. Nell'introduzione del primo articolo e' ben spiegato il contesto dello studio, che e' lo stesso per tutti gli articoli di questa serie. Vi invito quindi a rileggerlo, nel caso non ve lo ricordaste bene.

Fatto? Allora ecco la seconda parte.

Parliamo sempre dello stesso ecosistema modello, dove le trote sono state introdotte e non ci sono altre pressioni antropiche. Se nella prima parte avevamo posto la predazione di organismi terrestri al centro dell'attenzione stavolta abbiamo cercato invece di lavorare su cosa succede nell'ambiente acquatico a seguito dell'introduzione di pesci.

Ovviamente una parte delle prede delle trote e' costituita da animali acquatici. Ed e' normale che sia cosi' dato che le trote vivono in acqua, dopotutto.

La prima parte di questo studio e' stata quindi improntata a capire come la presenza delle trote influenzi l'attuale distribuzione ed abbondanza di invertebrati acquatici. Ovviamente stavolta abbiamo dovuto usare un altro lago (senza pesci) come paragone e riferimento, per comprendere appieno come si distribuiscono certe specie in presenza ed assenza di pesci. Il lago di riferimento e' molto simile per morfologia, stato trofico e popolazione di invertebrati e si trova a soli 2 km di distanza dal lago in cui sono stati introdotti i pesci, una situazione ideale.

L'effetto piu' visibile e' che alcune specie (Gammarus, in particolare), che nei laghi senza trote nuotano liberi in tutta la colonna d'acqua, non si trovano piu' nelle zone pelagiche del lago, qualora vengano introdotte delle trote.

martedì 5 febbraio 2013

La percezione del dolore nei pesci - parte seconda


I pesci provano dolore? - Immagine di nature.com


C'e' poco da fare, per me e' impossibile "stare sul pezzo" come si dice in gergo giornalistico.

Semplicemente non ho il tempo materiale di finire gli articoli gia' cominciati (e ce ne sono tanti) ne' di aggiornare i vecchi articoli gia' pubblicati che richiederebbero una revisione.
Figuriamoci di stare al passo con le notizie di "cronaca" che, pur se interessanti, si succedono con un ritmo troppo rapido per i miei tempi.

Questo caso e' un'eccezione.
Non perche' l'articolo arriva al passo con le notizie, ma piu' che altro perche' sono stato fortunato nel poter includere nuovi sviluppi in un testo che stavo gia' elaborando.

Quest'articolo e' la continuazione del primo sulla percezione del dolore nei pesci e ha l'obbiettivo di completare la storia con una revisione degli articoli piu' recenti. Il tutto ha anche molto a che fare con discussioni recenti a svariati livelli che riguardano la pratica della pesca sportiva tout court ed in particolare la pratica della pesca con esche vertebrate vive. Discorso di cui non entro nel merito e che magari sara' oggetto di un post dedicato, in futuro.

Recentemente e' stato dato molto spazio su tutti i media ad un nuovo lavoro di Rose (nome che suonera' familiare a chi ha letto il primo articolo) ed altri scienziati che condividono la sua opinione.



Ma e' veramente cosi? Andiamo a vedere..

giovedì 8 novembre 2012

Il boga grip tra necessita' e velleita'



Non sono un gran sostenitore dell'uso del boga grip.

Non tanto per l'attrezzo in se' quanto per il modo in cui viene usato dalla stragrande maggioranza dei pescatori. Perche', ricordiamolo, alla fine e' sempre una questione di come si usano gli strumenti che si hanno.

Recentemente ho trovato questo video che racconta di una ricerca effettuata in Australia, sul barramundi, un pesce della famiglia dei Latidi tra i piu' apprezzati dai pescatori sportivi.
Apprezzo sempre quando e' possibile divulgare i risultati di una ricerca scientifica in maniera semplice e diretta, come con un video, ma quello che mi ha colpito di piu' e' stato vedere il concetto dello studio "travisato" dallo stesso autore, nella fretta di comunicare.

Il dottor. Grace, che appare nel video, dice chiaramente che le lesioni alla spina dorsale provocate dal boga grip si sarebbero normalizzate in pochi giorni, e che il danno alla mandibola era di poco conto. Invece, purtroppo, si sbagliava.

Nell'articolo pubblicato in seguito a questo studio infatti Grace e Gould hanno rilevato danni praticamente permanenti, che permanevano 10 settimane ed oltre. Inoltre tutti i pesci maneggiati con il boga, anche in orizzontale, ricevevano un grosso foro che non era "comparabile con una ferita di un amo" come sostenuto nel video.
Alla fine puo' succedere, una discrepanza tra risultati preliminari e finali.

Il tutto pero' mi ha portato a fare una riflessione: il boga grip serve davvero? e se si, quando e come?