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martedì 5 febbraio 2013

La percezione del dolore nei pesci - parte seconda


I pesci provano dolore? - Immagine di nature.com


C'e' poco da fare, per me e' impossibile "stare sul pezzo" come si dice in gergo giornalistico.

Semplicemente non ho il tempo materiale di finire gli articoli gia' cominciati (e ce ne sono tanti) ne' di aggiornare i vecchi articoli gia' pubblicati che richiederebbero una revisione.
Figuriamoci di stare al passo con le notizie di "cronaca" che, pur se interessanti, si succedono con un ritmo troppo rapido per i miei tempi.

Questo caso e' un'eccezione.
Non perche' l'articolo arriva al passo con le notizie, ma piu' che altro perche' sono stato fortunato nel poter includere nuovi sviluppi in un testo che stavo gia' elaborando.

Quest'articolo e' la continuazione del primo sulla percezione del dolore nei pesci e ha l'obbiettivo di completare la storia con una revisione degli articoli piu' recenti. Il tutto ha anche molto a che fare con discussioni recenti a svariati livelli che riguardano la pratica della pesca sportiva tout court ed in particolare la pratica della pesca con esche vertebrate vive. Discorso di cui non entro nel merito e che magari sara' oggetto di un post dedicato, in futuro.

Recentemente e' stato dato molto spazio su tutti i media ad un nuovo lavoro di Rose (nome che suonera' familiare a chi ha letto il primo articolo) ed altri scienziati che condividono la sua opinione.



Ma e' veramente cosi? Andiamo a vedere..

lunedì 17 gennaio 2011

Pesci tropicali in Italia

Una scena normalissima, alcuni pescetti in un fosso, ma se andiamo a vedere piu' da vicino..

Attenzione:l'articolo e' stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

A meta' del 2010 alcuni autori italiani pubblicano un articolo sulla rivista Biological Invasions che fa discutere e non poco i conservazionisti in giro per il mondo.

Descrivono l'ambiente di un fosso nella provincia di Livorno che grazie alle sue acque termali offre un ambiente abbastanza particolare (ma non unico, come vedremo) e ne stilano la checklist di specie.
Una checklist abbastanza bizzarra, con poche specie autoctone (anguilla, tinca, rutilo) e una specie para-autoctona (carpa) seguite da un lungo elenco di specie introdotte che si fa via via piu' esotico proseguendo nella lettura.
Livio, che e' molto piu' sensibile di me ai ciclidi, ne pubblica un resoconto gia' ad ottobre ma io, che al contrario sono molto lento, non sono riuscito a completare l'articolo prima di oggi.

lunedì 26 aprile 2010

Intervallo



Intervallo. O forse no.

Volevo un argomento leggero, tanto per staccare, e invece mi sono ritrovato a scrivere di uno dei piu' grossi problemi mondiali.

Overfishing. Cioe' il fatto che negli ultimi 100 anni abbiamo aumentato esponenzialmente la nostra capacita' di raccogliere pesce dal mare fino a far collassare gli stock delle prede piu' importanti. Cioe' rendersi conto che i 2/3 del pescato sono buttati (morti) perche' la pesca non e' selettiva. Cioe' rendersi conto che un ritmo del genere non e' sostenibile e rischiamo un collasso completo dell'ecosistema marino.

Produciamo abbastanza cibo da nutrire tutta la popolazione mondiale ma poco meno di 1/6 di essa (1 miliardo di individui) muore comunque di fame. Perche?Distribuzione ineguale.
Piu' o meno il discorso del pesce d'allevamento contro il pesce catturato nei mari.

Fish farming. Generalmente effettuato dando da mangiare sfarinati di pesce o di pollame. Nonostante i tassi di conversione molto elevati (anche 2,5:1) si tratta sempre di convertire una risorsa naturale in una artificiale, con relativa perdita.
L'idea di base e' la stessa della pesca intensiva (e dell'industria e dell'agricoltura etc.) cioe' che si cerca di fornire un prodotto a un prezzo sempre piu' basso.
Il problema e' che con questo sistema non si nutre la maggior parte della popolazione come sarebbe naturale credere ma si finisce soltanto per sovrasfruttare le capacita' dell'ambiente. In parole povere prendere acciughe in Argentina per fare salmoni pregiati in Norvegia.

Solo 4 note per cominciare a riflettere..