lunedì 28 novembre 2011

Gyrodactylus salaris - storia di un parassita che ha messo in ginocchio una nazione

Gyrodactylus salaris

Cosa fareste se il futuro della pesca nel vostro paese dipendesse da una decisione drastica?
La storia di oggi e' una storia tragica, una di quelle che non vorreste mai sentire ma che devono essere raccontate e conosciute.

Un "semplice" parassita
Gyrodactylus e' un piccolo organismo vermiforme appartenente ai Platelminti (vermi piatti). Come molti Platelminti anche Gyrodactylus fa una vita parassitaria, nutrendosi della mucosa e della pelle di pesci di acqua dolce. Per farlo si attacca alla pelle dei pesci tramite una ventosa uncinata posta nella parte posteriore del corpo e poi si inarca per mettere in contatto la bocca con la pelle. A questo punto inietta enzimi digestivi che dissolvono pelle e muco per poi riaspirarli e nutrirsene.
E' abbastanza piccolo da non essere visibile ad occhio nudo ma lo diventa quando ci sono parassitosi intense, dato che i grappoli di parassiti appaiono come macche biancastre.
Una matrioska, una bambola russa in legno che ne contiene altre piu' piccole.

Le parassitosi intense avvengono perche' questo organismo funziona come una matrioska, l'adulto si riproduce generando una copia esatta di se stesso, gia' adulta e completamente funzionale. Questa copia (come il genitore) ha gia' dentro di se un'altra copia, pronta a maturare, con all'interno un'altra copia in maturazione e cosi' via..
Distinguere tra varie specie di Gyrodactylus non e' facile nemmeno per gli esperti del campo.
In piccole quantita' e' presente, assieme ad un gran numero di altri parassiti, sul corpo di molti pesci, specialmente i salmonidi e specialmente sui salmoni atlantici (da cui il nome specifico salaris).

lunedì 21 novembre 2011

...Missine!



Poco tempo fa avevamo parlato di lamprede, in un post in cui le definivamo "pesci molto particolari". Anzi, come avevamo precisato, il termine "pesci" va piuttosto strettino a degli animali privi di mascelle, con bocca a ventosa, un'unica narice, pinne pari assenti, gran parte dei quali conduce vita parassitica succhiando il sangue ad altri pesci.
Possiamo tuttavia trovare qualche altra bestiaccia che susciti ancora più disgusto? Certamente! Si tratta, per l'appunto, degli organismi più imparentati con le lamprede tra quelli attualmente viventi: le missine.
Questa classe di agnati è formata interamente da specie marine, distribuite in gran parte dei mari del globo, per lo più a profondità rilevanti. A differenza delle lamprede, non hanno mai colonizzato le acque dolci, in primis a causa dell'incapacità di effettuare l'osmoregolazione: le missine, infatti, sono pressoché gli unici vertebrati isosmotici rispetto al mezzo in cui vivono. In poche parole, il loro corpo presenta lo stesso grado di salinità dell'acqua in cui sono immersi.
Gli occhi delle missine sono strutture fotosensibili molto semplici, incapaci di formare immagini ed utili solo a distinguere la luce dal buio. Altra stranezza tra i vertebrati acquatici, il fatto di aver perso (secondariamente, si presume) l'organo della linea laterale. Lungo i fianchi sono presenti altresì una serie di pori la cui funzione, affascinante ed orribile, sarà spiegata tra poco. Già il fatto che queste creature possiedano un sistema circolatorio dotato di ben cinque cuori è tutto un programma.
Le missine sono animali bentonici, che vivono sul fondo del mare scavando tane nel substrato molle. In genere si trovano gruppi numerosi di missine in sistemi di tane vicine tra loro. L'alimentazione si basa principalmente su invertebrati, pesci morti e cadaveri di varia natura, anche umana. O anche su animali non morti, che magari non si sentono troppo bene, specialmente quando vengono assaliti ed infestati da uno sciame di missine. Non è pertanto corretto definire la missina un parassita, come talvolta si legge: è più propriamente uno spazzino, che occasionalmente sa procurarsi fonti di cibo alternative.

Se un grosso pesce malandato si imbatte nel territorio delle missine, queste gli si avventeranno addosso penetrando nel corpo del malcapitato da tutti gli orifizi disponibili, specialmente le aperture branchiali. A questo punto entra in gioco la funzione dei pori laterali. Da qui infatti viene secreta una sostanza proteica concentrata in grado di assorbire all'istante un'immensa quantità di acqua, producendo così una massa impressionante di muco appiccicoso. Questa capacità "magica" delle missine è valso loro il nome anglofono di hagfish (pesce-strega). Un secchio d'acqua con una missina dentro si tramuta all'istante in un secchio di muco. Qui di seguito potete farvi un'idea di quello di cui sto parlando. Sconsigliato ai soggetti di stomaco sensibile...



La strategia di caccia di questi esseri fantascientifici è la seguente: penetrano nella faringe della preda e la soffocano producendo quantità spropositate di sostanza mucosa, finendo così per ucciderla e divorarla dall'interno. Come visibile nel filmato, queste secrezioni hanno anche una funzione difensiva, ma non è finita qui.
Il video presso questo link mostra sia l'efficacia dell'esplosione istantanea della massa mucosa contro i predatori, sia l'utilizzo della stessa per la cattura attiva di una preda affossata nella sabbia, la quale viene letteralmente soffocata dall'esterno:

http://www.inkblood.net/article-video-c-est-du-slime-de-myxine-87475302.html
 

Perfino le feci fuoriescono avvolte in una capsula mucosa, la cui funzione rimane ancora sconosciuta.
Nonostante prive di mascelle, le missine sono dotate di acuminati denti cornei in grado di strappare brandelli di carne. Come visibile in foto d'apertura, questi denti poggiano su una placca cartilaginea mobile simile ad una mandibola. La bocca è circondata da una sorta di tentacoli carnosi.
Una curiosità ulteriore è la capacità di agganciarsi alla preda e stapparne un pezzo annodandosi su se stesse e facendo leva sul proprio corpo. La stessa tecnica viene usata per liberarsi dalla presa di un predatore:



Nonostante tutto, le missine sono apprezzate in tavola in diversi paesi del mondo. Buon appetito...




domenica 23 ottobre 2011

Specie aliene e competizione: un caso da manuale


Quando si parla di specie ittiche invasive, la nostra mente subito corre a siluri, pesci gatto, aspi, barbi europei e quant’altro. Giusto. L’introduzione, volontaria o meno, di queste  specie, spesso e volentieri ha contribuito a mettere in crisi le comunità ittiche delle nostre acque interne.
Ma se spostiamo la lente d’ingrandimento su ambienti meno blasonati rispetto ai grandi fiumi e laghi, in quanto meno produttivi dal punto di vista pescasportivo ed economico, ci troveremo di fronte a ecosistemi estremamente interessanti che, al pari di altri, non sono riusciti a sfuggire al problema delle invasioni biologiche.

 Gli stagni retrodunali sono oasi di biodiversità notevolissime, purtroppo in continua rarefazione
Lungo le coste del Mediterraneo si trovano, laddove non siano avvenute bonifiche selvagge, zone umide uniche e fragili, che rappresentano oasi di biodiversità tra le più preziose in assoluto. Gli stagni retrodunali adiacenti alle spiagge ospitano fauna e flora esclusive di questi ambienti per certi versi estremi, tanto per riallacciarsi al recente post di Milo: si tratta di paludi in cui quantità e qualità delle acque dipendono, a seconda delle circostanze, dai tassi di evaporazione, dalle piogge, dalle mareggiate e dai livelli delle falde acquifere sottostanti. Variazioni notevoli si riscontrano anche nelle temperature, nel quantitativo di ossigeno disciolto, nella concentrazione di nutrienti, eccetera. Tanto per citare gli esempi più noti, qui possiamo incontrare piante adattate all’eccesso di sale nel suolo (alofite), che hanno fatto del sodio il principale soluto intracellulare, come la Salicornia, oppure crostacei adattati alle variazioni estreme di salinità delle acque, che per di più producono, per partenogenesi, uova capaci di resistere per anni al disseccamento, come Artemia salina (ben nota agli acquariofili come cibo per pesci “resuscitabile”).

Un bellissimo maschio di nono (Aphanius fasciatus) del Parco Regionale della Maremma (Gr)
foto: Massimiliano Marcelli


I ciprinodontidi, conosciuti anche come “killifish”, sono una famiglia di piccoli pesci dai colori vivaci, che ha fatto dell’adattamento a questi ambienti, inospitali alla maggior parte delle specie marine e d’acqua dolce, la chiave del proprio successo evolutivo. L’origine della distribuzione attuale di queste specie nell’area mediterranea si fa risalire al periodo Messiniano (circa 5 milioni di anni fa), che vide il nostro mare andare incontro ad una gravissima crisi di salinità, dovuta alla temporanea chiusura dello stretto di Gibilterra, con conseguente parziale disseccamento del bacino. I ciprinodontidi attuali mostrano infatti, come caratteristica più cospicua, una spiccata eurialinità che li rende capaci di vivere e riprodursi tanto nelle acque dolci e salmastre quanto in quelle iperaline, tollerando concentrazioni di NaCl fino ad oltre 5 volte quella dell’acqua di mare. Il genere Aphanius è quello più diffuso nel mediterraneo, con tre specie distribuite tra Europa, Nordafrica e Medioriente.

mercoledì 19 ottobre 2011

Incredibili squali

Uno squalo ciclope, sara' una burla? (foto di Piscesfleet.blogspot.com)

Spesso nell'immaginario comune gli animali da salvare sono tartarughe, balene e delfini. Questi animali, di cui sicuramente molte specie sono in reale pericolo, ci toccano per la loro bellezza e la loro fragilita', probabilmente anche con un pizzico di immedesimazione ed antropomorfizzazione.

Purtroppo lo stesso non si puo' dire per gli squali.
Questo superordine vecchio di 420 milioni di anni e diversificatosi in 440 specie (a seconda di chi conta, ma comunque escludendo razze ed altri pesci cartilaginei) e' oggi minacciato da pesca indiscriminata e, come tutti, dalla distruzione di habitat.
Eppure sono animali meravigliosi, che pur rimanendo "arcaici" hanno sviluppato una serie di adattamenti del tutto "moderni" e di successo (evolutivo). Forse questa meraviglia non risuona nelle masse come quella delle balene ma agli occhi di un appassionato e' altrettanto spettacolare.

E non si finisce mai di imparare.
Per esempio la foto in testa all'articolo non e' frutto di photoshop ma bensi' e' reale. Si tratta di un piccolo di squalo toro rinvenuto in Baja California nell'estate di quest'anno. Il piccolo era insieme ai suoi 10 fratelli nel ventre della madre, non ancora partorito, quando l'esemplare e' stato catturato da un pescatore di professione.
Dopo un bel po' di dibattito e di incredulita' sono state pubblicate altre foto del cucciolo (albino e con la strana mutazione all'occhio) mentre viene esaminato dal dr. Galvan, un esperto locale di squali.

Il dr. Galvan con lo squalo in oggetto (foto di Piscesfleet.blogspot.com)

Certo, si tratta di un caso eccezionale ma esistono anche funzioni "normali" che negli squali sono portate all'estremo, regolarmente.

Per esempio questo bellissimo video ci porta all'interno di uno squalo viviparo (o ovoviviparo se preferite) dove possiamo vedere la selezione pre-natale all'opera. Per migliorare la sopravvivenza di un piccolo gli altri vengono sacrificati, survival of the fittest nella sua forma piu' pura (e crudele).

Per gli squali la lotta per la sopravvivenza comincia dall'utero.

Certo, forse con gli squali il senso della bellezza si mescola a quello dell'orrido ma non possiamo fare a meno di ammirare degli animali cosi' ben adattati, con cosi' tante specializzazioni e che non finiscono di sorprenderci.

mercoledì 12 ottobre 2011

Ai confini della realta': nicchie estreme - Carnevale della biodiversita' 5 di 6

Shanghai con la sua cappa di smog. Io non riesco ad immaginare un ambiente piu' estremo in cui vivere, e voi?

"Piu' estremo di cosi' si muore" - il Veca ai tempi d'oro

Va ora in onda la 5a puntata del Carnevale della Biodiversita'. Stavolta parliamo di ambienti ed adattamenti estremi. Allacciatevi le cinture ed indossate il casco, si preannuncia un argomento movimentato.

Potete leggere gli articoli relativi al carnevale della biodiversita’ pubblicati in precedenza su questo blog a questi link: inifinite forme bellissimebiodiversita' e adattamentile dimensioni contano, alieni fra noi.
Stavolta la lista completa degli articoli che partecipano alla 5a edizione si puo' trovare sul blog Theropoda di Andrea Cau. Come sempre e' anche disponibile una breve recensione per ognuno degli articoli partecipanti.

Spesso si dice che la vita e', in generale, molto difficile da estinguere. Certo ci stiamo provando in svariati modi e a volte con ottimi risultati ma la quantita' di esseri viventi (spesso a livello microscopico) che ancora prosperano sul pianeta non puo' che impressionare.

Praticamente la vita ha colonizzato tutto lo spazio disponibile. Dopotutto ha avuto quasi 4 miliardi di anni per farlo..non e' mica poco. Sono rimaste senza vita solo pochissime zone del pianeta, luoghi in cui temperatura, radiazioni o condizioni chimico fisiche non permettono lo stabilirsi di nessun organismo.
In altre zone la densita' di vita e' prossima allo zero ma nel tempo l'evoluzione ha selezionato organismi in grado di adattarsi a molte condizioni e questi, seppure non in gran numero, si sono diffusi anche in questi luoghi.

I pesci non fanno eccezione, se si considerano in senso allargato (assieme ai condroitti ed agli agnati) si puo' dire che abitano praticamente tutti gli specchi d'acqua del pianeta. Con pochissime eccezioni che andremo a vedere.

sabato 24 settembre 2011

Convergenze mirabili

La convergenza evolutiva è quel fenomeno per cui due organismi, non imparentati tra loro, sviluppano adattamenti simili in risposta alle stesse pressioni selettive. Certe somiglianze sono ingannevoli e rappresentano delle belle gatte da pelare per i sistematici, ovvero gli studiosi che si occupano di individuare le caratteristiche che accomunano le specie viventi, al fine di determinarne la parentela. Un esempio clamoroso di ciò è rappresentato dagli avvoltoi del vecchio e del nuovo mondo: questi ultimi, comunemente detti condor, storicamente erano considerati strettamente imparentati con i primi, benché inseriti in una famiglia diversa. Non molti anni fa, però, uno studio molecolare a dir poco rivoluzionario ha rivelato che le somiglianze tra i due gruppi sono date solo da un mirabile caso di convergenza evolutiva dovuta a stili di vita simili: gli avvoltoi americani probabilmente non sono imparentati con le aquile, come quelli del vecchio mondo, bensì con gli aironi e le cicogne, pertanto sono stati inseriti, per quanto provvisoriamente, nell'ordine dei Ciconiiformes! 

Un ghiozzo padano, Padogobius bonelli
Uno scazzone europeo, Cottus gobio
Si potrebbero fare molti esempi di questo tipo, ma adesso vorrei parlare di due specie di piccoli pesci delle nostre acque, i quali spesso e volentieri sono confusi dai meno esperti, nonostante non siano neanche lontanamente imparentati tra loro. Sto parlando del ghiozzo e dello scazzone, rispettivamente un perciforme ed uno scorpeniforme.
A dire il vero il ghiozzo non è uno solo. La famiglia cui appartiene (Gobiidae) è anzi quella che, tra i vertebrati, annovera in assoluto il 
maggior numero di specie (oltre 2000), diffuse in mare e, in minor numero, nelle acque dolci. In questo caso però mi soffermerò sul genere Padogobius, presente in Italia con due sole specie, P. nigricans (il ghiozzo etrusco) e P. bonelli (il ghiozzo padano).
Gli scazzoni appartengono ad una famiglia (Cottidae) anch'essa piuttosto vasta, ma che comprende principalmente specie d'acqua marina. I cottidi d'acqua dolce sono pochi: in Italia abbiamo il solo Cottus gobio, diffuso in gran parte dell'Europa, al quale sono particolarmente affezionato in quanto, essendo stato oggetto della mia prima tesi, è la specie che mi ha avvicinato irreparabilmente al mondo dell'ittiologia. 

Un bello scazzone dalla livrea giallo intenso. Sono ben visibili le pinne pelviche separate
(si ringrazia l'amico Giacomo Radi per le belle immagini concesse: le foto sono di proprietà esclusiva dell'autore e non possono essere utilizzate senza previa autorizzazione)
Visti da lontano, e a dire il vero anche da vicino, ghiozzo e scazzone si somigliano parecchio: testa grossa con bocca ampia, corpo a sezione circolare, grandi pinne pettorali di forma discoidale, livrea screziata. Anche la biologia di questi due pesci è molto simile: si tratta di specie bentoniche che vivono tra le pietre del fondo, muovendosi a scatti, senza nuotare per lunghi tratti. Si nutrono principalmente di invertebrati ed occupano prevalentemente la parte alta dei fiumi, nonostante lo scazzone sia molto più esigente dei ghiozzi in fatto di temperature, purezza delle acque e tasso di ossigeno disciolto. Lo scazzone inoltre ha abitudini crepuscolari o notturne, mentre invece i ghiozzi sono principalmente diurni.
Le differenze morfologiche comunque esistono e sono cospicue: le principali sono l'assenza di scaglie nello scazzone ed il fatto che quest'ultimo presenta pinne pelviche separate. Nei ghiozzi queste sono invece fuse, a formare un organo adesivo che funziona come una ventosa per aderire alle pietre, evidente adattamento alla vita in corrente.
Ciononostante, visti in acqua dall'alto, i due potrebbero risultare difficili da distinguere anche ad un occhio piuttosto allenato. E' evidente che pressioni selettive simili hanno plasmato questi due organismi fino a farli assomigliare molto, pur proveniendo da antenati molto diversi tra loro (il ghiozzo è più imparentato col pesce spada che con lo scazzone, se la sistematica attuale è corretta!).
Quello che, personalmente, più mi ha colpito studiando la biologia di queste specie, è il fatto che perfino il comportamento riproduttivo si assomiglia in tutto e per tutto!

Un momento di... intimità tra due ghiozzi padani nel mio acquario.
Notare le uova appese al soffitto.

venerdì 16 settembre 2011

Ibrido di lucioperca - l'impossibile diventa possibile

Un pescatore cattura un pesce insolito, lo porta a casa e lo fotografa. Notate niente di strano?
Foto © Juha Heino.

Da oggi ho deciso: lotta dura agli articoli iniziati e mai finiti! Quindi da oggi vi beccate piu' o meno regolarmente tutti gli articoli che sono rimasti in arretrato nella sezione draft del blog.

E non e' che siano in arretrato perche' poco meritevoli ma principalmente perche' le notizie che vorrei dare si rincorrono molto piu' velocemente di quanto non riesca a tradurle in articoli sensati.

Ormai un anno fa aveva fatto scalpore (se non altro in Finlandia) la notizia della cattura di un pesce molto strano sulla costa ovest del paese, a Pori per essere precisi.
Juha Heino, un pescatore locale, stava pescando a jig da riva quando si ritrovo' attaccato alla lenza un pesce che assomigliava molto ad un luccioperca lucioperca ma non lo era. Il pesce, lungo una ventina di centimetri, presentava una colorazione tipica del pesce persico ma un corpo ed una testa simili a quelle del luccioperca lucioperca. La bocca era completamente simile nella forma a quella del luccioperca lucioperca ma mancavano i grossi denti tipici della specie, sostituiti dai piccoli denti tipici del persico.

Una malformazione o un ibrido mai visto? Insomma un bel dilemma.

martedì 13 settembre 2011

Lamprede!




"Pesci" molto particolari
Molti biologi e naturalisti rimangono assolutamente affascinati al cospetto di bestiacce la cui visione farebbe inorridire chiunque. Personalmente sono orgoglioso di appartenere a questa categoria (quella dei naturalisti bizzarri, non degli animali orrendi, o almeno così spero) e fin dalla tenera età sono sempre andato in cerca di qualsivoglia organismo repellente si potesse trovare per boschi e fiumi. Tra tutti gli animali che si possono incontrare nelle nostre acque, quelli che maggiormente hanno esercitato su di me un fascino morboso sono probabilmente le lamprede. Viste da molto lontano potrebbero ricordare un'anguilla o una murena, a seconda delle specie, ma in realtà non c'entrano niente con le suddette (ricordo la lettera di un lettore, anni fa, rimasto perplesso e inorridito di fronte al ritrovamento di una lampreda, il quale domandava se si potesse trattare di un'anguilla mutante).
Per stabilire se le lamprede siano pesci o meno, basta mettersi d'accordo sulla definizione di “pesci”. Questa parola attualmente non ha più un valore sistematico, ma ovviamente rimarrà sempre nell'uso tradizionale ad indicare, generalmente, tutti i vertebrati non tetrapodi (tutti quelli che non ha quattro zampe, in linea di massima). Gli agnati, questa è la classe di appartenenza delle lamprede, sono privi di mascelle (in greco: a-gnatos = senza mascelle), di scheletro osseo e anche di vertebre vere e proprie. Il cranio è costituito un cestello di trabecole cartilaginose che forniscono una sostegno, per quanto molto flessibile, alla regione cefalica. Ciononostante esse sono da considerare vertebrati a tutti gli effetti, per via di altre caratteristiche che non sto qui ad elencare. Le lamprede, assieme alle ancor più strane missine, discendono direttamente dai primissimi vertebrati comparsi sulla terra quasi 500 milioni di anni fa, gli ostracodermi, gli stessi che in seguito hanno dato origine agli gnatostomi (vertebrati dotati di mascelle). La bocca delle lamprede ha la forma di un disco munito di numerosi denti cornei acuminati, apparato adibito all'adesione ai pesci ospiti che ha valso loro il nome di ciclostomi, cioè “dalla bocca circolare”. Le lamprede adulte infatti conducono per lo più una vita da parassiti su grandi pesci marini.
Ai lati del capo, dietro gli occhi, si aprono sette camere branchiali in grado di pompare acqua in entrata ed in uscita.
A differenza di quanto avviene negli altri pesci, la bocca non è infatti disponibile per l'ingresso di acqua quando è utilizzata per aderire all'ospite. Altre differenze rispetto agli gnatostomi sono la presenza di una sola narice, in posizione dorsale mediana, e l'assenza di pinne pari. Insomma, le particolarità di questi animali sono molte.

Salve a tutti!

Per prima cosa ringrazio Marco della bella presentazione, anche se ora chissà quali aspettative vi sarete creati...
Per completare brevemente il mio profilo, aggiungo soltanto che di formazione sono naturalista, laureato con una tesi triennale sul Cottus gobio (altrimenti detto "scazzone", in onore del quale il mio pittoresco nickname...) ed una specialistica sul gambero di fiume italico. Attualmente sono al primo anno di dottorato presso l'università di Girona (Spagna) ed il mio lavoro di ricerca è incentrato sugli effetti di siccità e regolazione idrologica sulla fauna ittica. Ma la realtà è che resto pur sempre poco più che uno studente appassionato di pesca.
Ho accettato con entusiasmo la proposta di Marco per contribuire, compatibilmente con le mie competenze e con il poco tempo a disposizione, allo sviluppo del sito, per cui eccomi qua. Seguo il blog ormai da tempo, perché conosco chi ci scrive e devo ammettere che, nonostante Marco sia solo un giovane ricercatore, la sua cultura in materia non solo ittiologica, ma ecologica e biologica in senso lato, non ha niente da invidiare a quella di tanti esperti più navigati, anzi.

A questo punto la smetto di annoiarvi e passo al primo post, visto che è qui bello che pronto, un po' lunghetto a dire il vero, spero comunque non troppo pesante.
Buona lettura!

Roberto Merciai - Dr. Skazz

Paperfish aveva bisogno di un'iniezione di vitalita'..Eccola!

E' arrivato il Dr. Skazz!

Come avrete sicuramente notato il numero e la frequenza dei post pubblicati negli ultimi mesi ha subito un drastico calo. Il motivo e' semplice: tanto e tanto lavoro.

Le idee non mancano ma spesso manca il tempo materiale di lavorarci e trasformarle in un articolo che sia decente. E come diceva sempre la mia mamma (e il Veca) o le cose le fai bene o meglio non farle.

A fine agosto dunque era arrivato il momento di prendere una decisione, lasciar perdere il blog o trovare un modo alternativo per continuare ad "erogare il servizio". 

Ho sempre perso tanto tempo a leggere e scrivere su forum specifici ma in quel periodo mi colpi' il messaggio di un ragazzo che conoscevo (e conosco) solo per via telematica.

Roberto e' un ragazzo che come me dopo la laurea e' "dovuto" emigrare all'estero per completare i propri studi di dottorato e con cui condivido molti interessi, soprattutto riguardo al mondo della pesca e dei pesci. Allo stesso tempo siamo in due paesi molti diversi (e diversi dall'Italia) e non tutte le nostre opinioni coincidono (per fortuna). Anche per lui pero' l'impegno del dottorato stava diventando pressante e ha preso la decisione di staccarsi dai forum per non perdere tempo prezioso.

Ed e' li' che ho avuto l'idea di fargli perdere tempo a contribuire a questo blog!

Vuoi per fortuna, vuoi perche' bene o male Paperfish e' un progetto libero e senza schema, Roberto ha accettato ed ora e' entrato a far parte della redazione. Ora finalmente il blog si arricchira' di un nuovo punto di vista e sono sicuro non potra' che migliorare.

Date anche voi il benvenuto al Dr. Skazz!

venerdì 26 agosto 2011

Larva di libellula

Sono tornato ieri notte dal mio tour of duty estivo. Bello, bello, bello. Faccio di sicuro il lavoro piu' bello del mondo (anche se di certo non il piu' pagato) e penso che pubblichero' quantomeno una serie di foto dei luoghi che ho visitato.

Ora non mi resta che rimettere in sesto i pezzi del blog (e della mia vita personale) che nel frattempo sono stati trascurati.Ci sono importanti decisioni da prendere all'orizzonte ed alcune di esse potrebbero avere pesanti conseguenze sulla continuazione del blog.



Oggi pero' non voglio preoccuparmi piu' di tanto ed invece mi concentro sulle ultime fatiche relative al corso di limnologia artica. La fortuna (ho lanciato una moneta) ha voluto che finissi nel gruppo dei macroinvertebrati acquatici assieme a molti dei miei ex-studenti.

Uno dei grandi assenti nelle nostre catture e' stata la larva (o ninfa/naiade a seconda della pignoleria) di libellula. Principalmente perche' la stagione era troppo avanzata a quelle latitudini (sottozero qualche notte in agosto).
Queste larve erano tra le mie preferite in gioventu' e facilmente reperibili nelle centinaia di pozze d'alpeggio a cui avevo accesso illimitato. Facili da allevare le tenevo in un terrario estremamente rozzo fino alla fase adulta.

Le parti boccali di una larva di libellula ed il loro funzionamento durante la predazione. Il labrum modificato viene esteso per catturare le prede

In compenso pero' sono riuscito a recuperare qualche larva di Sialis. Roba che non vedevo da un bel po' di tempo visto che la maggior parte di questi insetti non vive nelle mie zone d'origine (che di ontani nemmeno l'ombra).

Una larva di Sialis dalla Svezia.

Altrettanto impressionante nella capacita' di nuoto e di predazione, anche se gli adulti sono nettamente inferiori come predatori. In effetti mancando completamente di bocca vivono solo alcuni giorni.

Non preoccupatevi comunque, molto presto torneremo a parlare di pesci, come al solito.

sabato 6 agosto 2011

Siluro - curiosita'


Un utente mi ha gentilmente segnalato che la foto sorpa, apparsa in un precedente articolo sul siluro (QUESTO), non e' in realta' la foto di un siluro. Ringrazio Walter per la segnalazione.

In effetti si tratta di un pesce gatto americano, il testa piatta (Pylodictis olivaris), che e' rimasto incastrato cercando di ingoiare un pallone da basket e non riusciva piu' ad immergersi. Ancora vivo e' stato successivamente liberato.

Il motivo per cui ho pubblicato quella foto e' presto detto. Originariamente la foto che avrei voluto pubblicare era questa.


Che si riferisce ad un siluro morto per aver cercato di ingoiare un pallone da calcio. Pero' l'articolo si riferiva ad un argomento serio con un tono leggero e non pensavo (e non lo penso tutt'ora) che il tono scherzoso dell'immagine e della didascalia sarebbe andato d'accordo con questa foto un po' macabra.
Insomma l'obbiettivo era scherzare e prendere alla leggera l'argomento, non trovare una foto che si adattasse al testoo che spaventasse la gente.

D'altra parte di foto di pesci morti per ingordigia ne e' pieno il web, e' una cosa naturale che succede a molti animali, specialmente a sangue freddo. Comunque spero che l'equivoco sia chiarito.

Visto che ci siamo diamo un altro paio di notizie relative al siluro.

Questo documentario, piuttosto ben fatto, e' molto interessante e con ottime immagini subacquee. Girato negli areali originari del siluro mostra il corteggiamento nuziale durante la frega (piu' o meno intorno al minuto 6). Il mio tedesco e' veramente pessimo ma tant'e', spero che il vostro sia migliore del mio.




Un'altra foto reperita via internet mostra (presumibilmente) il record di siluro. Personalmente ho sempre trovato il dato citato in diversi articoli e libri un po' esagerato, ma a guardare questa foto potrei ricredermi.

E' questo il famoso siluro del Dnepr? Difficile dirlo.. A me sembra piu' uno storione ladano..

Finora il record spetterebbe al fiume Dnepr nei pressi di Krementchug con 5 metri di lunghezza e 300 kg di peso. Pesci intorno ai 300 kg sono stati riportati anche dal Volga e dal Mar Caspio.

Purtroppo niente foto, o almeno niente foto chiare, ed e' abbastanza noto nell'ambiente che i russi non ci andavano troppo cauti con le misure..Magari un giorno anche queste taglie veramente eccezionali verranno confermate.

So che dopo un mese senza aggiornamenti questo non e' il modo migliore per cominciare ma visto che il lavoro sul campo mi sta prendendo meno tempo del previsto prometto di pubblicare qualche altro articolo piu' serio entro breve.

martedì 28 giugno 2011

Storie di immissioni incredibili


Cosa sta rilasciando questo aereo dall
Coriandoli? Acqua per spegnere un incendio? Volantini con la faccia di Vendola? Bustine di zucchero sui bambini del delta del Niger? Saranno mica le ormai derisissime schie comiche?

Niente di tutto questo.
Questo aereo sta facendo niente piu' e niente meno di quello che per anni era stato fatto con mezzi molto piu' tradizionali.

Ma partiamo dall'inizio. Come fare a fare conservation management in aree che sono difficilmente accessibili, dove non ci sono strade ed e' difficile arrivare perfino a piedi?

Beh 100 anni fa non c'erano molte alternative e le risorse erano quelle che erano. Se si voleva immettere pesci in montagna le introduzioni erano fatte tramite grosse taniche portate a spalla. Lo stesso valeva per la gran parte del materiale che veniva ricavato sul posto o portato a spalla.

Alcuni portatori di avannotti di pesce in una foto d'epoca (NYDC)

Naturalmente ove possibile si ricorreva anche alla trazione animale. Almeno fino agli anni '70 le introduzioni di trota nei laghi alpini dell'america veniva fatta a cavallo in tutte le localita' che erano accessibili. Questo metodo e' ancor oggi utilizzato e la possibilita' di partecipare ad uno di questi progetti viene addirittura messa all'asta per finanziare i progetti.

Purtroppo le immagini di introduzioni a cavallo sono poche, per cui vi dovete accontentare..

La meccanizzazione ovviamente ha portato non pochi vantaggi ma anche gli ATV (i quad, tanto per intenderci) hanno qualche difficolta' a raggiungere localita' remote. Fango, guadi, strade con piu' buche che pezzi piani, paludi e zone con pendenze proibitive..
Allora si penso' di cominciare ad utilizzare gli aerei. I pesci venivano collocati nel vano di cargo di piccoli aerei assieme all'acqua e poi lanciati sul lago. Come tanti paracadutisti.
La mortalita' non era troppo alta e quando i programmi ebbero sufficienti fondi....beh il resto e' storia...

Uno schema di come avviene l'introduzione per via aerea (di Alvers Handerson, ricordate questo nome perche' sara' oggetto di un prossimo articolo)


Ovviamente tutto si puo' migliorare. Gia' con gli aerei si era incrementato incredibilmente il raggio a cui si poteva arrivare ma c'erano comunque tanti laghi che per la conformazione del territorio circostante non si prestavano a questo tipo di operazione. E allora potevano desistere? No, ovviamente no.
Si sono usati elicotteri che con la loro maggior capacita' di manovra riescono ad arrivare dove gli aerei non arrivano ed a ridurre ulteriormente la mortalita'.


Un elicottero si prepara a caricare le taniche piene di avannotti da rilasciare in quota (missoulian.com)

Ora voi vi starete probabilmente chiedendo se gliel'ha ordinato il dottore di fare tanti sforzi per portare dei pesci in zone inaccessibili. La risposta del perche' si fa tutto questo non c'e'. O meglio ce ne sono tante, tutte ugualmente valide sotto diversi punti di vista.
La maggior parte di esse si puo' riassumere con un: volevano pescare pesci dove prima non c'erano.





mercoledì 22 giugno 2011

Alieni fra noi – Carnevale della biodiversita’ 4 di 6



"Un'opinione e' quello che si ha quando non si conoscono i fatti. Quando si conoscono i fatti non si ha bisogno di un'opinione.”
— Solomon Short

Questo post e’ la continuazione ideale di molti articoli gia’ apparsi su questo blog, anche se non elaborato come vorrei in quanto il tempo a mia disposizione e' veramente limitato. Dopotutto mi occupo degli effetti dell’introduzione di nuove specie per lavoro ed e’ stato per me naturale riversare parte delle mie conoscenze nel blog.
Potete leggere i precedenti articoli relativi al carnevale della biodiversita’ pubblicati in precedenza su questo blog a questi link: inifinite forme bellissime, biodiversita' e adattamenti, le dimensioni contano.
Sul blog Erba Volant di Enrico Bruni potrete trovare invece la lista completa di articoli che partecipano a questa edizione del carnevale, completa di una breve recensione per ognuno di essi.
Il livello altissimo degli autori dei blog partecipanti e' una garanzia di una lettura facile ed interessante.


martedì 31 maggio 2011

La parabola del buon selvaggio



Le idee, si sa, sono cose strane. Fanno fatica a nascere ed a volte fanno ancora piu' fatica a morire.

C'e' un'idea particolarmente persistente che si sente riproposta periodicamente: quella del "buon selvaggio" che non raccoglie piu' di quello che puo' consumare e vive in armonia con la natura.
Sostenuta da molteplici autori del 18mo secolo come Shaftesbury e gia' allora contrastata da altri e' un'idea che fa fatica a morire ai giorni nostri. Sostanzialmente consiste nel dipingere l'uomo che vive nella natura come sostanzialmente buono, con alti principi morali ed etici innati e non acquisiti tramite religione o societa'.
Quest'idea probabilmente e' nata come reazione alle idee di Hobbes e ai fatti storici (massacri di indigeni) del secolo precedente.

La realta' e' che il selvaggio e' per natura tale e quale ad un uomo moderno. Semmai esistono differenze etiche queste sono il prodotto di societa' e cultura.

Molti sistemi di pesca e di coltivazione tradizionali e "primitivi" sono decisamente distruttivi su scala locale (pesca col veleno in amazzonia, bruciare foresta vergine in africa) e non lo sono su scala globale solo per il basso numero di abitanti e per le modeste porzioni di territorio a cui vengono applicati.


Nella realta' il selvaggio non riesce a far collassare le popolazioni di pesci principalmente perche' gli mancano i mezzi per farlo. Prova ne sia il fatto che quando questi mezzi vengono sviluppati (o forniti) non si fa nessun problema ad utilizzarli come e forse anche piu' delle persone "civilizzate".

Non e' una gara a chi e' "peggiore" ne' un disprezzare le altre culture che ci fa sentire migliori. Piuttosto quello del buon selvaggio e' un mito creato per far sentire peggiori noi stessi, una specie di condizione ideale a cui l'uomo moderno dovrebbe tendere.

Se volete leggere alcuni articoli sul tema non troppo tecnici e con un po' di umorismo vi consiglio il blog dell'Albero di Maggio.

venerdì 27 maggio 2011

Un'orgia di squali


Il post di oggi non tratta specificamente di pesci. Almeno per quelli di voi che chiamano pesci solo gli osteitti e i condrostei..
Per tutti gli altri che come me utilizzano la definizione allargata fino agli agnati tutto normale.

Quando ero ancora un ragazzino sono sempre stato affascinato dagli squali. Come e' ovvio i libri e le riviste erano piene di foto di squali come il tigre o lo squalo bianco.
Poi nel 1989 ci fu un attacco ad un sub al largo di Piombino che porto' alla ribalta della cronaca nazionale lo squalo bianco come descritto dai film di Spielberg.

Altri squali non sono altrettanto "fortunati" e la maggior parte del grande pubblico non sa nemmeno che esistono. Di oltre 400 specie quelle piu' note si contano sulle dita di due mani. Certo tutti si ricordano dello squalo piu' piccolo (17 cm, Etmopterus) o dello squalo piu' grande (12 metri, alcuni dicono di piu, Rhincodon) ma nel mezzo esistono forme magnifiche e dalle ecologie particolari ed affascinanti.

Qualcuno puo' pensare che ormai si conosca tutto quello che c'e' da sapere, almeno per le specie piu' famose. Eppure non e' cosi.
Certo, ne sappiamo molto piu' di qualche decina d'anni fa ed abbastanza per falsificare leggende metropolitane come quella che gli squali non sono affetti dal cancro, pero' molte conoscenze mancano.

Per fare un paio di esempi pratici sappiamo che gli squali bianchi compiono grandi migrazioni (al contrario di quanto si pensava nel passato) ma non sappiamo quanti sono. Al momento sembra che ci sia stata una rarefazione e la specie e' protetta da vari trattati internazionali ma nessuno sembra poter dare una stima corretta del numero di squali bianchi. Non sappiamo molto anche dei ritmi di crescita o delle modalita' esatte di riproduzione (c'e' ancora dibattito sul numero esatto di figliate nella vita di una femmina) o di quanto siano grandi gli esemplari alla nascita. Il video all'inizio di questo post e' praticamente l'unica testimonianza che abbiamo dove si vede qualche preliminare.

Se l'unico modo di riunire maschi e femmine senza che si attacchino tra loro e' quello di dargli da mangiare una carcassa di balena finche non hanno la pancia piena nessuna meraviglia che non ci siano molti squali bianchi in giro..

martedì 24 maggio 2011

Nuovo record del mondo IGFA di siluro?


La notizia non e' proprio fresca e si sa che le notizie sono come il pesce e dopo 3 giorni..

Pero' io non sono schizzinoso, come potrei esserlo con il lavoro che faccio?

Se le misure saranno confermate queste dovrebbero essere le foto del nuovo record mondiale per quanto riguarda la pesca del siluro. Questo colosso di 265 cm per 149 Kg di peso esce dalle acque italiane del Po ed e' stato catturato da Erik Zbinovsky, pescatore slovacco, nei pressi di Porto Viro (RO).




Sembra sempre piu' realistica la possibilita' che la crescita di questa specie, introdotta negli anni '60 ed esplosa negli anni '80 e '90 non si stia livellando come previsto. Prova ne sarebbero i continui record mondiali catturati tutti nelle acque italiane negli ultimi anni..


Modelli da rivedere o semplicemente alcuni fattori sfuggono ad un'analisi superficiale? Per il momento difficile dirlo. Sicuramente catture del genere alimentano il contrasto tra chi cerca il ripristino ambientale e chi e' interessato alla caccia al record, interessi troppo diversi e forse inconciliabili..

venerdì 6 maggio 2011

1+1 Buon compleanno PaperFish!


Esattamente un anno ed un mese fa inserivo il primo post in questo blog.

Di acqua sotto i ponti ne e' passata tanta e dopo oltre 80 post piu' o meno specialistici e' ora di tirare qualche somma.
Non esistono statistiche per i primi mesi ma da Giugno 2010 ad Aprile 2011 il numero delle visite mensili e' quadruplicato, segno (spero) che i contenuti sono apprezzati almeno da qualche lettore.
I proventi dell'esperimento con google ads hanno fruttato finora ben 2.85 euro, arrivati a 10 verranno donati ad un'associazione italiana che si occupa di tutela delle acque dolci e le pubblicita' completamente eliminate dal blog.

Quando sono partito non sapevo sinceramente cosa aspettarmi e forse non lo so tutt'ora. Posso solo dire quello che ho trovato finora lungo il viaggio.
Tenere un blog ed aggiornarlo con costanza e' un bell'hobby ma che richiede un bel po' di tempo, tempo che non e' sempre facile trovare specialmente quando altri impegni hanno la precedenza. Vorrei avere piu' tempo per scrivere articoli piu' interessanti e che spaziano di piu' tra gli argomenti ma sono fortunato a ritagliare il tempo che riesco, cosa che sarebbe difficile con altri lavori.
Approfondire argomenti diversi aiuta a formare una conoscenza a tutto tondo ma al contempo distoglie l'attenzione dalla mia ricerca, che al momento e' quella che paga il pane.

Nell'occasione della celebrazione del primo 1+1 anniversario, oltre agli auguri, e' bene ripromettersi di fare ancora di piu' e meglio perche' chi si ferma e' perduto.

P.S. Se qualcuno si stesse chiedendo come mai questo post esce con un mese di ritardo rispetto al compleanno la soluzione e' semplice: me ne sono dimenticato. Per quello che ho un blog e non un figlio..

lunedì 2 maggio 2011

Pesci dal mondo - Pesci con le mani

Pesci con mani e piedi?

La presa del lavoro si fa sempre piu' stretta come e' naturale essendo partita la stagione dell'acqua libera (non la chiamo primavera ancora) che porta con se nuovi impegni in vista della campagna di raccolta dati. Ormai sto passando piu' tempo in laboratorio che al computer ed e' difficile trovare tempo da ritagliare per scrivere qualche articolo decente. E quel poco tempo che mi resta lo uso per andare a pesca.

Ma siccome non voglio ancora accettare l'idea di mollare completamente il blog provo almeno a pubblicare qualcosa di interessante che richieda un po' meno documentazione e tempo del solito.

Oggi andiamo a vedere un sub-ordine di pesci piuttosto bizzarri.
All'interno dell'ordine dei Lofiformi troviamo diverse famiglie diffuse un po' in tutti i mari del mondo ed in quasi tutti gli ambienti: dalle fondali costieri agli abissi pelagici. La cosa che le accomuna (quasi) tutte e' la presenza di un'appendice sulla testa che usano come un'esca per attrarre le loro prede e forse la loro bruttezza.
Uno degli esponenti piu' noti di questo ordine e' la rana pescatrice (Lophius piscatorius) che e' regolarmente commerciato per le carni prelibate nei mercati italiani (spesso con la testa mozzata e con il nome di coda di rospo, per non offendere la vista delle massaie).

martedì 12 aprile 2011

Le dimensioni contano - Carnevale della biodiversita' 3/6

Il nuovo logo del carnevale della biodiversita' disegnato da Rachel Barnacle. Bello no?


Questo post del carnevale va in onda in formato ridotto per venire incontro alla mia capacita' lavorativa. Quando ci sono troppe deadline all'orizzonte e lavoro che basterebbe per il prossimo anno da completare entro un paio di mesi non c'e' carnevale che tenga.

Almeno il numero dei blog partecipanti a questa edizione e' ulteriormente aumentato. Per vedere una recensione completa degli articoli pervenuti visitate il sito dell'amico Livio: Mahengechromis.

Potete leggere le puntate precedenti del Carnevale pubblicate su Paperfish a questi link: Carnevale 1/6 e Carnevale 2/6.

Dopo questa lunga serie di dovuti preamboli affrontiamo il tema centrale con il classico approccio di Paperfish, invece di dare le cose per scontate andiamo a controllare e a rifletterci su.

Le dimensioni contano?


"It's not the size of your worm, it's how you wiggle it"

Con buona pace di chi si e' comprato una nuova macchina ancora piu' grande o di chi tiene in casa delle mitragliatrici .50 ci sono cose piu' importanti delle dimensioni. Andiamo a vedere caso per caso quando contano e quando no ai fini della biodiversita'.

giovedì 7 aprile 2011

Mutazione in rosso et al.

Questo articolo e' stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale

Che pesci sono?

Pesci rossi direte voi.

Ebbene no.

Tutti conosciamo la variante rossa del carassio, occorrente in natura ma oggetto di selezione da parte dell'uomo da millenni ormai tanto da aver dato luogo a forme quasi grottesche.

Ma questa mutazione naturale e' esclusiva del carassio? Ne siete sicuri?

Andiamo a controllare assieme..


venerdì 1 aprile 2011

Pesce nucleare


Al di la' delle piu' catastrofiche previsioni si e' verificato qualcosa di terribile in Giappone.

La foto ritrae un esemplare di nuova specie catturato da alcuni pescatori pochi chilometri a nord della centrale di Fukushima. L'esemplare, trovato gia' morto, e' al momento sotto attenta analisi da parte di un gruppo speciale di scienziati giapponesi ma sembra presentare caratteristiche intermedie fra un pesce (probabilmente O. fasciatus) e un mollusco (probabilmente Hapalochlaena).

L'Oplegnathus fasciatus anche detto serrano striato e' un piccolo pesce molto comune in Giappone ed e' allevato per le sue carni. E' anche una preda popolare del rockfishing giapponese.

Il polpo dalle fasce blu (genere Hapalochlaena) e' un mollusco di piccole dimensioni che e' noto per la sua velenosita'. Si trova sparso lungo tutta la costa del giappone e non costituisce pericolo per i bagnanti che attacca soltanto quando si trova alle strette e minacciato.

L'ipotesi piu' probabile e' che una mutazione del genere potrebbe essere stata causata dai recenti guai al reattore di Fukushima a conseguenza del disastro naturale che ha colpito il Giappone. L'eta' della creatura in fotografia e' sicuramente compatibile con gli eventi recenti trattandosi di un esemplare molto giovane (non ha ancora sviluppato le caratteristiche fasce).
L'ipotesi, per quanto incredibile, potrebbe essere che sia il frutto di una mutazione indotta dalle acque radioattive provenienti dal raffreddamento d'emergenza della centrale  e dalle perdite di materiale radioattivo in mare che hanno in qualche modo stimolato una ricombinazione del genoma del polpo e del pesce fino a creare un ibrido senza precedenti tra le due specie.

Le autorita' giapponesi e gli scienziati che hanno preso in consegna questo campione consigliano le persone che ne dovessero rinvenire altri di porre particolare attenzione qualora ne volessero tentare la cattura: non e' ancora chiaro se le proprieta' velenose del polpo dalle fasce blu siano ancora presenti nel nuovo ibrido.Ogni esemplare recuperato deve essere consegnato immediatamente alle autorita' per ulteriori analisi.

Aggiornamenti su questa notizia appena possibile.

venerdì 25 marzo 2011

America contro Europa

I'm just playin' America, you know I love you...


Non c'e' niente da fare, fra lavoro regolare ed extra il tempo per tutto il resto e' talmente limitato che bisogna fare delle scelte. Visto che il blog e' solo un hobby e' il primo a farne le spese.

Siccome pero' manca un sondaggio in homepage da un paio di mesi mi sembrava giunto il momento di ritagliare 5 minuti ed introdurlo a dovere.

Tra le tante differenze che ci sono tra Europa ed America ce n'e' una che forse molti non conoscono: quella nel modo di scrivere e di spiegare le cose. E' un argomento su cui ho riflettuto parecchio scrivendo questo blog e cominciando per la prima volta a pormi il problema di come spiegare il mio lavoro a chi non e' del settore.

In Europa si scrive una storia che fornisce gli elementi per capire le frasi finali che sono il punto di arrivo. Molti dei post su paperfishbiology sono strutturati in questo modo.
D'altra parte ha senso logico non mettere il carro davanti ai buoi ma piuttosto seguire un filo logico che porti a capire da dove arrivano le conclusioni.

In America pero' la scrittura e' molto diversa: si va dritto al punto subito e poi si espande nelle righe seguenti. In questo modo si riduce innanzitutto la dimensione totale dei post e li si organizza con punti identificabili (idealmente i titoli dei sottoparagrafi). Inoltre si cattura subito l'attenzione del lettore sul messaggio principale, cosa che nei tempi di internet e della lettura "veloce" puo' fare la differenza.

Nella mia educazione e carriera mi sono stati richiesti alternativamente entrambi gli approcci, difficile dire quale sia il migliore anche se evidentemente tendo sempre a propendere inconsciamente per la regione in cui sono cresciuto.
E voi? Come vorreste fosse paperfishbiology? Americano o Europeo?
Esprimete la vostra opinione tramite il sondaggio in homepage ed aiutatemi a migliorare il blog.

lunedì 14 marzo 2011

La percezione del dolore nei pesci e il Catch&Release

Un uomo all'amo. Questa immagine shock fu usata durante una campagna contro il fumo in America.

La lettura di questo articolo segue idealmente quella della puntata precedente: Hai la memoria di un pesce rosso.

Nel precedente articolo abbiamo visto come i pesci siano in grado di memorizzare eventi e luoghi. Sono cioe' in grado di associare, per esempio, la presenza di cibo in un luogo particolare o la sicurezza di un rifugio alla presenza di un predatore. E poi di richiamare il ricordo quando necessario.

Non c'e' granche' da stupirsi, se un animale e' in grado di sopravvivere e riprodursi in un ambiente ostile vuol dire che e' dotato degli apparati sensoriali necessari allo scopo. Deve essere dotato quindi di sensori che lo mettano in grado di interagire con l'ambiente circostante e di capacita' cognitive almeno sufficienti a permettere delle risposte adeguate agli stimoli sensoriali esterni.
Meglio ancora se oltre alle risposte immediate e' in grado di imparare ad evitare situazioni dannose e invece ricercare attivamente situazioni da cui trae beneficio. Anche una lumaca e' in grado di farlo ed abbiamo visto che la memoria dei pesci non e' poi cosi' limitata come si pensava.

Come reagiscono pero' i pesci alla pesca sportiva? Provano dolore alla puntura di un amo? E la cattura e il rilascio provocano uno stress al pesce?

Vediamo di scoprirlo assieme..

martedì 8 marzo 2011

Ami circolari


Questa settimana sono bloccato in un convegno ma non voglio lasciare i miei lettori a bocca asciutta per troppo tempo.

In attesa della pubblicazione verso la fine settimana di un articolo veramente corposo oggi sopperisco con un articolo breve ma di uguale importanza: l'uso di ami circolari nella pesca d'altura.

martedì 1 marzo 2011

Ciao Marco

Oggi sono un po' melanconico e per forza devo dedicare un post al mio amico Marco.

Io e Marco non condividiamo solo il nome ma anche la grande passione per la pesca. Come me Marco si e' trasferito in Finlandia qualche anno fa in cerca di lavoro nel suo campo e come me (e come tanti altri) e' finito a lavorare in un ristorante come cameriere.
Ci siamo conosciuti la prima volta ad una partita di basket, grazie ad un amico comune, e dopo pochi minuti ci eravamo gia' messi d'accordo di fare qualche uscita a pesca insieme.

Grazie alla macchina della ragazza di Marco riuscimmo ad andare a pescare nei laghi che si trovano nelle foreste appena fuori dalla citta'. Ricordo ancora la prima uscita: al terzo lancio era gia' riuscito a perdere un'esca ma aveva tirato su il primo luccio della giornata prima di battere meta' lago. Una grande giornata, anche se poi la mappa si e' sciolta con la pioggia e siamo rimasti a girovagare tra paludi e zanzare fino a tarda ora.

Quando si e' sprovvisti di barca o di belly boat i laghetti nelle foreste sono il terreno migliore. Si macinano chilometri, si vedono posti fantastici e si prendono lucci anche se le taglie spesso non sono fenomenali.
Continuammo cosi' per tutta una stagione fino all'autunno quando Marco riusci' a fare qualche uscita in barca con un suo amico finlandese nel Baltico, provando per le prime volte il jerkbait con una canna che gli avevo prestato. Niente lucci da metro per quell'anno ma perca e persici abbastanza cattivi da buttarsi sui buster jerk.

Arriva la primavera 2010 e decido che e' arrivato il momento di comprare la barca. Lavoro extra e settimane di ferie buttate ma ce la faccio. Marco e' gentile e mi svergina la barca con il primo luccio sopra il metro. Con Marco e Andoni dividiamo bei momenti di vita e di pesca nell'arcipelago, compresa la disavventura di rompere l'elica e dover tornare in porto con mezzi di fortuna.

Nel frattempo inframmezziamo le uscite in barca con parecchie uscite in waders insieme ad Andoni. C'e' un grande spirito che ci accomuna ed ogni uscita e' divertimento, anche quando i lucci non cooperano. Ci si prende per i fondelli, si ride e si scherza, 3 persone accomunate dalla passione per uno sport che permette di vivere la natura a stretto contatto.
Io e Marco entriamo in acqua fino alla fine, quando la temperatura esterna e' ormai sotto lo 0 e quella dell'acqua ci si avvicina. Quando non ce la facciamo piu' si esce con la barca del suo amico finlandese, visto che il mio motore nel frattempo ha dato forfait. Neve vento e ghiaccio nelle baie non lo fermano e Marco infila il suo terzo pesce sopra il metro nel giro di qualche mese.
Oggi Marco parte per l'Italia con la macchina e un computer pieno di video di pesca da guardare durante la traghettata. La sua ragazza Nina e suo figlio Robin, nato da poco, lo raggiungeranno in aereo.
Torna in Italia per cercare di trovare un lavoro per cui ha studiato. Torna con tutte l'attrezzatura da pesca anche se nella sua regione non ci sono molte acque per il luccio, ma ormai ce l'ha nel sangue e sono sicuro che con la sua determinazione riuscira' a tirare fuori dei gran pesci anche dalle difficili acque italiane. Torna un pescatore con grande rispetto per il pesce e grande amore per il C&R.

Senza di lui le uscite a pesca non saranno piu' le stesse (e probabilmente comprero' meno esche).
Ciao Marco, in bocca al lupo per tutto! Ci vediamo presto!

martedì 22 febbraio 2011

Comunicazione a gas


"..ed elli avea del cul fatto trombetta. "
Dante Alighieri - Inferno - Canto XXI 139

Esistono una serie di ricerche scientifiche che alla gente normale possono sembrare stupide e irrilevanti, vere e proprie inutilita' o addirittura sperpero di denaro (pubblico o meno).

Il post di oggi vuole rendere onore a queste ricerche, magari non saranno da premio nobel ma di sicuro rimangono un tassello importante della scienza e una fonte di sane risate (che non fanno mai male).


sabato 12 febbraio 2011

Biodiversità e adattamenti, la lotta costante per il cibo e lo spazio - Carnevale della biodiversita' 2 di 6


"Se una soluzione e' stupida ma funziona non e' poi tanto stupida.." Ignoto

12 Febbraio 2011, Charles Darwin e' nato esattamente 202 anni fa.

E a me non sembra vero che siano gia' passati due mesi dalla prima edizione del Carnevale, il tempo vola davvero quando ti stai divertendo.

Nel precedente articolo avevamo dato uno sguardo alla biodiversita' in generale e ai suoi diversi significati.
Contemporaneamente mi ero anche reso conto dello spessore degli articoli redatti dagli altri blog che partecipano all'iniziativa (qui in una recensione sul blog L'Orologiaio Miope). Come se non bastasse altri due blog altrettanto interessanti hanno aderito all'iniziativa a partire da questa seconda edizione..

Insomma, la competizione e' alta e io non ho mai reso bene sotto lo stress della competizione.

Non sono l'unico a essere stressato dalla competizione, si potrebbe dire che anche in natura esistono sostanzialmente due modi di rapportarsi alla competizione: o la si perde o la si vince.
La realta' pero' e', come al solito, molto piu' complessa di cosi'. Proviamo insieme a vedere se si puo' riuscire a darne un quadro completo ma ancora capibile..


martedì 8 febbraio 2011

Pesci dal mondo - Il regaleco

Il regaleco, o re delle aringhe, o pesce remo, uno dei pesci che mi ha affascinato di piu' quando ero piccolo

Anche questa settimana il tempo scarseggia e ci dobbiamo arrangiare con un post in formato ridotto (per venire incontro alle mie capacita' mentali). In attesa della pubblicazione del secondo post del carnevale della biodiversita' prevista per sabato 12 (202 anniversario della nascita di Darwin).

Parliamo del regaleco (Regalecus glesne), un pesce strano lungo fino a 17 metri che arriva al peso di 300 kg.

Presente anche nel mediterraneo (avvistato al largo della croazia un paio di anni fa) ha una distribuzione piuttosto ampia, dalla Svezia al Cile, comprendendo l'Atlantico, il Pacifico e l'Indo-Pacifico.
Il nome re delle aringhe deriva da avvistamenti di banchi di aringhe in presenza di questo pesce che secondo i pescatori "sembrava guidarle". Quando il regaleco e' prossimo alla morte o malato nuota in superficie, a volte facendo uscire la cresta rossa fuori dall'acqua, e' ritenuto una delle sorgenti delle leggende sui serpenti marini.
Non sappiamo molto di questo pesce pero', sappiamo che e' meso-pelagico e puo' vivere anche in superficie. Si riproduce in un lungo periodo dall'estate all'inverno e le larve stanno negli strati superficiali durante la crescita. Nonostante le dimensioni del corpo la bocca e' piccola e il regaleco si nutre principalmente di piccoli animali che trattiene grazie ai pettini branchiali.
Si trova a volte in posizione verticale nella colonna d'acqua come nella foto a fianco, ancora nessuno ha trovato un'impotesi consistente del perche' lo faccia. Alcuni ritengono che sia una posizione che adotta forse per nutrirsi.
Tra parentesi e' il pesce osseo piu' lungo che conosciamo.


Non e' difficile fotografare un regaleco, anche se la maggior parte degli individui sono spiaggiati o morenti. Difficile e' documentarne le abitudini e il comportamento normale. Nel 2001 gli operatori di una piattaforma sono riusciti a catturare il nuoto di un regaleco in un video che rimane l'unica testimonianza video di un regaleco in situazione normale.


Simile al regaleco ma molto piu' corto e' Zu cristatus un pesce dello stesso Ordine che a volte viene scambiato per una fase giovanile del regaleco ma e' profondamente diverso.