martedì 12 aprile 2011

Le dimensioni contano - Carnevale della biodiversita' 3/6

Il nuovo logo del carnevale della biodiversita' disegnato da Rachel Barnacle. Bello no?


Questo post del carnevale va in onda in formato ridotto per venire incontro alla mia capacita' lavorativa. Quando ci sono troppe deadline all'orizzonte e lavoro che basterebbe per il prossimo anno da completare entro un paio di mesi non c'e' carnevale che tenga.

Almeno il numero dei blog partecipanti a questa edizione e' ulteriormente aumentato. Per vedere una recensione completa degli articoli pervenuti visitate il sito dell'amico Livio: Mahengechromis.

Potete leggere le puntate precedenti del Carnevale pubblicate su Paperfish a questi link: Carnevale 1/6 e Carnevale 2/6.

Dopo questa lunga serie di dovuti preamboli affrontiamo il tema centrale con il classico approccio di Paperfish, invece di dare le cose per scontate andiamo a controllare e a rifletterci su.

Le dimensioni contano?


"It's not the size of your worm, it's how you wiggle it"

Con buona pace di chi si e' comprato una nuova macchina ancora piu' grande o di chi tiene in casa delle mitragliatrici .50 ci sono cose piu' importanti delle dimensioni. Andiamo a vedere caso per caso quando contano e quando no ai fini della biodiversita'.



Partiamo dagli ecosistemi. Ecosistemi piu' grandi e piu' estesi dovrebbero avere maggiore biodiversita' rispetto ad ecosistemi piu' piccoli e limitati.
E' facilmente osservabile che quest'ipotesi non sussiste al riscontro oggettivo. Infatti esistono regioni quasi letteralmente sconfinate dove la biodiversita' e' bassissima contrapposte ad aree molto limitate (hotspots) dove c'e' un'abbondanza di biodiversita'. Il parametro che distingue deserti e tundre artiche dagli hotspots nella foresta pluviale non e' l'estensione ma bensi' il numero di micro-habitat.
Cioe' non importa avere una grande superficie, anche se in generale aumenta la produttivita' del sistema, ma e' piu' importante che questa superficie offra habitat diversificati che possano ospitare specie diverse. In tal senso un piccolo fiume in una zona equatoriale avra' facilmente piu' diversita' di un grande fiume boreale.
Ritornando parzialmente al discorso della scorsa edizione in questi ambienti la competizione e' minimizzata da una ripartizione in termini di spazio occupato e le specie possono adattarsi meglio ad una specifica nicchia, questi adattamenti diventano fissi nel lungo periodo per via della speciazione creando elevata diversita' nei sistemi ad elevata diversificazione. Anche l'isolamento o meno ha un ruolo piu' importante rispetto alle dimensioni dell'ecosistema.

Un lago vulcanico delle Azzorre. Le Azzorre sono degli hotspot di biodiversita' anche se la maggior parte dei loro laghi sono stati oggetto di introduzione di nuove specie che hanno portato ad un declino.

All'interno degli ecosistemi e scendendo nella scala dimensionale troviamo le specie.
Se le dimensioni delle specie contassero dovremmo notare una prevalenza di specie molto grandi (o molto piccole) che dominano su tutte le altre in qualsiasi condizione.
Quello che osserviamo in natura pero' e' completamente diverso. Vi sono aree in cui dominano l'una o l'altra categoria di taglia ma e' impossibile stabilire una regola generale.
Semplicemente la distribuzione delle specie dipende da fattori molteplici che includono anche la taglia ma non si limitano a questa. Fattori come il tempo di raggiungimento della maturita' o la quantita' di uova prodotte sono spesso piu' determinanti nel successo o meno di una specie. Pertanto e' ragionevole supporre, e puo' agevolmente essere confermato, che le dimensioni contano relativamente poco.
In molte zone le peggiori invasioni biologiche sono create da specie di medio/piccole dimensioni che passano inosservate e vengono studiate poco. Specie di grandi dimensioni e ben studiate sono un ottimo esempio per campagne di sensibilizzazione e contenimento ma spesso non sono le piu' impattanti in termini di alterazioni dell'ecosistema.

Gambusia affinis, una specie di sicuro successo in ambienti di acqua dolce e salmastri, nonostante le sue dimensioni non eccezionali

Scendendo ancor piu' nel dettaglio possiamo considerare le popolazioni di specie.
Se le dimensioni contassero all'interno della stessa specie dovremmo trovare che le popolazioni di maggiori dimensioni hanno in generale un maggior successo.
Anche in questo caso i fatti non confermano quest'ipotesi.
E' pur vero che una popolazione numericamente grande e' avvantaggiata per il mero fatto di poter attingere ad un pool genetico piu' ampio ma questa variabilita' dipende sempre dalle caratteristiche della specie. Inoltre una volta che queste caratteristiche sono fissate geneticamente si e' sempre passati dal vaglio di una selezione naturale a livello locale.C'e' pero' un limite: popolazioni veramente piccole ed isolate subiscono un drift genetico che le porta ad una degenerazione negativa.
Le popolazioni con dimensioni degli individui maggiori rispetto alle altre popolazioni sono il prodotto della combinazione di un particolare genotipo e di un particolare insieme di caratteristiche ambientali. Se anche assumiamo che le caratteristiche genetiche siano ormai fissate cioe' che quindi ci sia del "potenziale di crescita superiore" il cambiare delle condizioni ambientali potrebbe limitare fortemente queste capacita'. Il risultato finale e' una popolazione assolutamente normale o addirittura con individui di dimensioni inferiori.

Un classico esempio in cui le dimensioni non contano. Namaycush della stessa popolazione introdotte in due laghi con diverse disponibilita' alimentari. Il primo pesce e' malnutrito ed e' costretto ad adattarsi alle condizioni locali.

Insomma, esiste almeno un caso in cui le dimensioni contano davvero?
Ebbene si, a livello di individuo all'interno di una popolazione le dimensioni contano eccome. A seconda della propria taglia si possono avere posizioni sociali ed ecologiche molto diverse.
In casi estremi questa differenza di dimensione si traduce in un'autoecologia completamente diversa per le diverse classi di taglia.
Ecco alcuni esempi di queste differenze estreme.

Una femmina (sinistra) ed un maschio (destra) di bluegill, un centrarchide americano.

Nel bluegill i piccoli maschi assumono la colorazione della femmina per evitare la competizione con i grossi maschi. Entrambi riescono a mantenere un buon tasso di riproduzione ma con strategie molto diverse e diversi dispendi di risorse. In ogni popolazione ci saranno sempre alcuni maschi dominanti e colorati ed alcuni maschi sottomessi e poco colorati.

C. puctulata un ciclide (ma va?) proteroginico e il primo pesce d'acqua dolce in cui e' stato confermato il cambiamento sessuale in base alla taglia.

Quando le dimensioni contano davvero tanto. Una 20a di famiglie di pesci esibiscono una regolazione del sesso in base alla taglia. In pratica cambiano sesso durante lo sviluppo, effettuando alcune riproduzioni con un sesso e poi cambiando completamente gonadi fino alla fine della loro vita ed effettuando tutte le altre riproduzioni con il nuovo sesso. Tutti conoscono l'esempio di labridi, sparidi (orate) e pesci pagliaccio e la loro capacita' di cambiare sesso ma sono ancora pochi gli esempi di proteroginia e proterandria in pesci d'acqua dolce (e sono poco conosciuti).

Uno sperlano europeo di grossa taglia

Lo sperlano e' un pesce di piccola taglia diffuso in quasi tutti i grandi bacini del nord Europa. Gli esemplari giovani e quelli piu' grandi differiscono marcatamente non solo per le dimensioni ma anche per le nicchie ecologiche occupate (nella colonna d'acqua e a temperature diverse). Quando uno sperlano riesce a superare la soglia critica di taglia comincia a nutrirsi di altri pesci (compresi piccoli sperlani) invece che di plankton differenziandosi ulteriormente. Un caso simile a quello della trota di lago che viene denominata "ferox".

Al prossimo carnevale..

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