mercoledì 12 maggio 2010
Catch&Release - il luccio, un caso esemplare
Articolo modificato dopo la pubblicazione iniziale
Ultimamente il Catch& Release, ovvero la pratica della pesca e del rilascio del pescato (vivo), ha preso decisamente piede tra i praticanti della pesca sportiva. Tranne alcuni casi particolari (come quello sopra riportato) il pescatore moderno cerca la sfida con il pesce invece di qualcosa da portare a tavola.
Il catch&release e' sicuramente il modo piu' sportivo di confrontarsi con la preda e rappresenta il culmine della pesca sportiva.
Questa pratica offre numerosi vantaggi dal punto di vista ambientale e dal punto di vista del pescatore. Ma siamo sicuri che sia sempre la strategia di gestione migliore? Quali altre regolamentazioni possono essere imposte dalle amministrazioni o dall'etica personale dei pescatori?
Cerchiamo di capire quali sono le varie alternative disponibili nella gestione della pesca sportiva e di valutare i loro effetti, prendendo ad esempio il caso del luccio.
Partiamo innanzitutto dal catch&release.
Con il c&r si provoca stress al pesce ma se effettuato correttamente e con pochi e semplici accorgimenti raramente provoca la morte della preda. Sono disponibili estesi studi sulle effettive percentuali e cause di mortalita' ma di questo parleremo in articoli seguenti.
Il pesce una volta rilasciato tornera' nel suo ambiente naturale e potra' crescere e riprodursi contribuendo alla popolazione e al recruitment. In piu' il pescatore sportivo avra' la possibilita' di pescare piu' e piu' volte (e a taglie sempre maggiori) lo stesso pesce.
Questo tipo di soluzione (0 mortalita' dovuta alla pesca) e' quella che si avvicina di piu' alla situazione di laghi dove non c'e' intervento umano e spesso garantisce popolazioni ben strutturate e con qualche esemplare record.
Esiste anche chi ha teorizzato una base genetica per il c&r. La base di questa affermazione risiederebbe nel fatto che la propensione ad abboccare alle esche e', almeno in parte, geneticamente codificata. Per cui rimuovere i pesci che abboccano piu' facilmente equivale nel lungo periodo a ritrovarsi con una popolazione poco propensa ad abboccare.
Questa teoria, per quanto a prima vista sensata, e' ancora considerata con un mezzo sorriso all'interno della comunita' scientifica internazionale. Ma mi sembrava giusto menzionarla.
Fermo restando che la popolazione di un pesce come il luccio comincia a collassare soltanto se viene costantemente rimosso il 30-70% della popolazione, quella del c&r e' la via piu' razionale di gestire i bacini in cui la pressione di pesca e' molto elevata o altre criticita' ambientali mettono a repentaglio la popolazione di predatori presente.
Quando a riprodursi e' una percentuale della popolazione inferiore al 25% si ha un collasso dello stock che puo' protrarsi nel tempo ma e' fondamentalmente uno stato di rischio molto forte.
Tutto chiaro e splendente, no? Purtroppo no.
Ci sono alcune considerazioni da fare che hanno una loro base scientifica anche se possono risultare difficili da comprendere per chi ha abbracciato il C&R come religione piu' che come scelta razionale.
La prima considerazione da fare riguarda la proporzione "ideale" tra predatori e prede che come gia' detto si attesta intorno a 1/10 delle biomasse rispettive.
In una situazione ideale dove il la pesca ai predatori sia fortemente limitata e il controllo venga effettuato scrupolosamente questo rapporto potrebbe sbilanciarsi per effetto della rimozione delle specie preda (di cui di norma non viene limitata la pesca). Una volta sbilanciato l'equilibrio la crescita del predatore comincera' a risentirne, per carenza di cibo, fino a portare in casi estremi a nanismo o crescita fortemente limitata.
Similmente in un bacino a no-kill totale si potrebbe creare uno squilibrio nelle taglie della popolazione di predatori per effetto di fluttuazioni annuali (sia dei predatori che delle prede) che portano a un sovrannumero di predatori.
Questi sono fenomeni ciclici che avvengono regolarmente in condizioni naturali e sono da ritenersi le risposte piu' naturali che l'ecosistema ha per rimanere bilanciato.
Sfortunatamente dal punto di vista del pescatore sportivo questi casi si traducono in una taglia media delle catture decisamente piccola mentre i pesci da trofeo rimangono quasi intoccati.
La reazione piu comune per gli amministratori in questi casi e' di restringere ulteriormente la regolamentazione della pesca nella speranza di lasciare tempo ai predatori di recuperare. Purtroppo questa decisione ha di norma l'effetto opposto rispetto a quello sperato.
Altra misura tipica delle amministrazioni, largamente diffusa in Italia, e' quella dell'istituzione di una misura minima per il trattenimento del pescato.
Questa misura ha lo scopo di permettere almeno 1 o 2 riproduzioni prima dell'eventuale cattura in modo da mantenere la percentuale di riproduttori al di sopra della soglia di collasso. La misura minima dipendera' dalla crescita del pesce e dal numero di riproduzioni che si vogliono proteggere nonche' dall'abbondanza dello stock.
Purtroppo il problema di questa regolamentazione e' che i pesci da trofeo tendono ad essere trattenuti e quindi nel lungo periodo si assiste a un boom delle taglie minori (piu' individui giovani) e a un depauperamento delle taglie da trofeo. Questo ovviamente va contro il desiderio di molti pescatori di prendere pesci grossi e non tanti pesci piccoli.
In America e in Canada viene infatti in alcuni casi adottata un'altra regolamentazione aggiuntiva, cioe' quella delle protection slots. Il pesce puo' essere trattenuto soltanto qualora non entri in un preciso intervallo di misure.
Il prelievo effettuato in questo modo non incide assolutamente sulla maggioranza dello stock che e' in fase riproduttiva permettendo un'alta pressione di pesca. Ma non salva comunque gli esemplari da trofeo anche se il suo uso permette di avere una popolazione che produce piu' individui di grossa taglia.
Infine ultimamente e' stata teorizzata l'introduzione di una culling slot, cioe' un intervallo di misure in cui invece il prelievo e' consentito.
Questo garantisce il successo delle prime freghe e preserva al tempo stesso il successo degli individui piu' grossi che potranno cosi' trasmettere i propri geni per tutte le successive riproduziooni.
Di solito una soluzione di questo tipo e' ideale in zone con uno stock non afflitto da particolari problematiche ambientali e mantengono un buon successo anche con pressioni di pesca elevate garantendo catture di taglie trofeo. Anche questa soluzione pero' ha alcuni problemi e non e' la proverbiale panacea per tutti i mali, soprattutto pero' e' una regolamentazione teorica che non ha ancora avuto riscontri scientifici sul campo. Al momento e' applicata soltanto in zone molto ristrette del Nord America.
L'argomento e' molto ampio e per oggi ne abbiamo appena scalfito la superficie. Ci ritorneremo sicuramente sopra nei prossimi articoli.
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6 comments:
Mi risulta che anche in Irlanda vengano applicate misure massime e minime, in pratica quindi puoi trattenere solo n capi di taglia intermedia.
Io so che c'e' una misura massima di 50 cm e un limite di 1 capo al giorno, a livello nazionale. Ma se hai informazioni piu' precise aggiorniamo l'articolo. Anche io all'epoca avevo sentito le stesse cose ma non ho trovato nulla di scritto in merito.
Non so niente di più preciso, ma la notizia è certa, avendomelo riferito un amico che ha lavorato in Irlanda come guida di pesca al luccio. Posso chiedere, cmq.
Chiedi, immagino che sia una zona a regolamento speciale. Informati bene che e' anche facile fare confusione tra protection slots e culling slots.
Ho chiesto. Avevi ragione tu, come sovente accade... Esiste solo misura massima di 50 cm e 1 capo al giorno.
Una volta per uno non fa male a nessuno. Stavolta mi e' andata bene. Se non altro abbiamo confermato.
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