venerdì 13 agosto 2010

Alloctonia e specie invasive - due diverse prospettive 2 di 2

Pseudorasbora parva, una delle specie invasive piu' temute. Ed e' solo un ciprinide lungo pochi centimetri. (Foto Wikimedia commons)

Al momento i pochi visitatori che leggono questo blog leggono soprattutto gli articoli che riguardano il siluro (e nemmeno tutti) ma Paperfish e' molto di piu', ci sono molti articoli diversi e in futuro ce ne saranno sempre di piu' a coprire nuovi e diversi argomenti.

Dopo questo articolo sull'alloctonia e le specie invasive cambieremo argomento per un po' e ci dedicheremo ad altro. Magari non accontentera' tutti ma una dieta molto variata e' essenziale per la salute.

Ma non divaghiamo troppo, la settimana scorsa abbiamo visto quale sia la situazione del dibattito a livello teorico all'interno della comunita' scientifica internazionale. Oggi andiamo ad esaminare invece qualche caso pratico, andiamo a vedere nel concreto quali sono le problematiche della gestione delle specie invasive.


Innanzitutto cominciamo col definire il contesto del problema: quando si cerca di applicare sul campo le teorie scientifiche bisogna fare i conti con problemi molto pratici, di carattere politico, mediatico, sociale ed economico.
Quindi se da un lato le nostre linee di condotta teoriche si sono rivelate gia' difficili da definire a livello concettuale figuriamoci come possono esserlo a livello pratico.

Per esempio per calcolare quale sia l'indice di pericolosita' di una specie introdotta sono state stilate diverse metodologie. La piu' comune prevede un questionario che riguarda le caratteristiche autoecologiche della specie, ad ogni risposta viene assegnato un punteggio e il totale fornisce una stima della potenziale pericolosita' della specie. Ovviamente il questionario va compilato da esperti che conoscono l'ecologia della specie in oggetto ma anche tra esperti ci sono discrepanze: per la stessa specie (non vi dico quale) Copp da' un valore di 25/51 mentre Garthwaite un misero 17/51, il mio risultato e' un bel 33/51. In tutti questi casi il valore e' abbastanza alto per ritenere la specie pericolosa e da non introdurre ma cosa succederebbe se le discrepanze riguardassero una specie al limite di accettabilita'?

E ancora, come regolarsi nel caso in cui una specie abbia un alto valore economico?

Micropterus salmoides. Il bass e' uno dei pesci piu' controversi essendo altamente invasivo ma allo steso tempo estremamente ambito dai pescatori. (foto Wikimedia Commons)

In Europa si e' calcolato che il giro d'affari della sola pesca sportiva e' di 25 miliardi di euro, piu' o meno equivalente a quello del Nord America (con tutto il clamore dei bass tournaments) che arriva a 30 miliardi.
Con un business del genere e' difficile gestire qualsivoglia velleita' di fermare l'avanzata di nuove specie che abbiano un minimo ritorno economico. Figuriamoci quando e' coinvolta la pesca professionale o le attivita' dell'indotto (ristorazione, turismo etc.).

Sempre parlando a livello finanziario i costi dell'eradicazione in termini economici e di sforzo sono ingenti e spesso vanificati successivamente dall'intervento di pochi. Per togliere i siluri da un piccolo lago si spendono centinaia di migliaia di euro all'anno ma anche se il progetto avesse successo i primi due irresponsabili con un sacco di siluretti nel bagagliaio della macchina vanificherebbero tutto il lavoro fatto. Anzi, e' ormai cosa pubblica che qualche eco-terrorista lo voglia programmare davvero. Paradossalmente gli eco-terroristi sono pronti a rovinare interi ecosistemi pur di salvare qualche animale, inquietante no?
E' la croce degli ecosistemi acquatici, impossibile difenderli adeguatamente da questi rischi se non alimentando la cultura di tutti.

Un volantino di un gruppo animalista che minaccia l'introduzione del siluro in nuovi ambienti se non si fermassero i programmi di contenimento. Probabilmente azioni del genere porterebbero a una letterale invasione del siluro con la conseguente scelta delle amministrazioni di sterilizzare l'intero ecosistema.

Bisogna dunque rassegnarsi? E' un po' come se qualcuno ci calciasse di collo pieno e sulle palle e poi dicesse: "ormai e' andata cosi', non prendertela e impara a cantare da soprano.."
E' impossibile stabilire se una specie avra' effetti negativi o quale sara' la sua evoluzione nelle acque? Non e' impossibile, soltanto molto difficile, e molti autori stanno lavorando su metodi quantitativi ed oggettivi per fare previsioni e analisi accurate.

Per esempio e' stato stilato un elenco di caratteristiche che rendono una specie potenzialmente invasiva nei nostri ecosistemi, queste caratteristiche comprendono:
- una qualche forma di cura parentale
- dieta non specializzate
- elevate tolleranze a parametri ambientali (poco ossigeno, temperatura, qualita' dell'acqua..)
- alta fecondita' e/o taglia del corpo medio-grande

Le specie che possiedono queste caratteristiche dovrebbero essere interdette dalle immissioni e la loro presenza, se segnalata in tempo, potrebbe essere frutto di contenimento preventivo nelle fasi iniziali della colonizzazione.

Come gia' detto pero' c'e' chi vede nell'alloctonia anche un vantaggio (generalmente un business). Per cui gli zebra mussel che hanno invaso i grandi laghi nordamericani diventano utili per filtrare l'acqua e ridurre l'eutrofizzazione o nutrire nuove specie di uccelli che da migratori diventano stanziali. Per cui i pesci tropicali provenienti dal mar rosso che stanno colonizzando il mediterraneo sono una "nuova opportunita' per le imprese di pesca tradizionale".
Oppure perfino che grazie alle specie alloctone si "mantiene la biodiversita'" in quanto contrastano le estinzioni a livello locale (sic.).
Non ci si sofferma a pensare se non sia strano che non si prendano piu' le specie di pesci che tradizionalmente si pescavano prima ma ci si concentra sul fatto che le nuove specie, assommando anche fino al 70% della biomassa catturata, sono un'iniezione di linfa vitale per l'economia in declino.
E perche' non portare specie da un oceano all'altro? Chesso' dall'Atlantico al Pacifico per esempio. Pazzia? Sicuramente si' ma ci sono gia' state proposte (regolarmente pubblicate su riviste scientifiche) in tal senso al fine di risollevare le fisheries in costante calo dagli anni '80.
E per quanto riguarda gli ecosistemi di acque dolci si assiste alle stesse pazzie, pazzie che pagano. Mequinenza era una piccola cittadina dimenticata da dio, ora grazie alla pesca del siluro (e della carpa) l'economia locale e' florida come non mai. Al siluro, la', vorrebbero persino fare una statua mi dicono..

Un origami di una carpa fatto con banconote. Artwork di Won Park.

Money turns around the world, people. And it's a shame, if I may add.

Bibliografia:
- Arlinghaus vari articoli
- Courtenay vari articoli
- Briggs 2010
- Galil 2007
- Courtenal et al. 2010
- Nico & Fuller 1999
- Crossman 1991
- Kohler & Courtenay 1986
- Gozlan 2008
- Gozlan et al 2010
- Williamson 1996
- Briggs 2008
- Simberloff 2007
- Coppet al. 2005 (tech report)

8 comments:

Unknown ha detto...

Interessante post. Mi piacerebbe però che i propugnatori dello spostamento di specie quantificassero i danni. Che ne so: zebra mussel, danni dovuti alle incrostazioni sugli scafi.

PS: facciamo scambio di link dato i nostri interessi?

Marco Milardi ha detto...

Piacerebbe anche a me, peraltro mi piacerebbe che quantificassero i danni anche in termini ambientali altrimenti le migliaia di specie che non hanno una ricaduta diretta sull'economia sarebbero da considerare positive o quantomeno neutre.

Provvedo subito allo scambio, grazie della proposta!

Unknown ha detto...

Il problema è anche che i danni si possono quantificare solo a cose avvenute. Il fatto poi che le specie endemiche non siano considerate in quanto uniche mi sembra davvero poco ecologico.

Marco Milardi ha detto...

Realisticamente si', solo a posteriori. Teoricamente pero' si potrebbe studiare e valutare a priori quale potrebbe essere il risultato di un'introduzione.

Pero' di solito non viene fatto nemmeno quello, almeno non rigorosamente. Dopotutto ci vogliono anni di campionamenti e studi per capirci qualcosa e non sempre ci sono i fondi per farlo.

Spesso si fa un conto dei morti alla fine, del tipo: la biomassa di questo ecosistema acquatico e' ora composta all'80% da specie alloctone.

R.M. ha detto...

La pseudorasbora parva non è il rodeo amaro, che per l'appunto si chama rodeus amarus.

Marco Milardi ha detto...

Hai ragionissima. E' un refuso, grazie per la correzione.

Karol ha detto...

Leggendo questo scritto mi è venuto in mente il piccolo mollusco bivalve Dreissena polymorpha (cozza zebra), inserito nella TOP 100 delle specie alliene più dannose.

Giunto qualche decennio fa in Trentino, saldamente adeso alle chiglie di teutoniche imbarcazioni, si è insediato, tra gli altri, nei Laghi di Toblino e Caldonazzo.

Il proliferare dello smidollato ha influito positivamente sull'aumento di specifico e di consistenza di "anatre tuffatrici" (che si nutrono immergendosi completamente), come Morglione (Aythya ferina) e Moretta (Aythya fuligula).
Le concentrazioni invernali di questa ultima specie, nei laghi citati, sono ora talmente consistenti da rendere il Lago di Toblino (Valle dei Laghi, TN) uno degli hot spot per la specie nella fredda stagione italica.

A Toblino la papera bianco e nera nidifica anche, cosa non comunissima in Italia.

Quando minuti filtratori fanno il bene dei birder...

Marco Milardi ha detto...

E' piu' o meno la stessa cosa che i birder hanno detto in america dei zebra mussel..se non fosse che c'e' un'estesa letteratura dei danni che la specie arreca all'ambiente..

Occhio a vedere la natura solamente in chiave utilitaristica, finisci per diventare come i lapponi..

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