All'eta' di circa 17 anni avevo gia' divorato qualche centinaio di romanzi di fantascienza. Scelta all'inizio dettata per lo piu' da questioni economiche, visto che si potevano trovare ottimi libri per pochi spiccioli, ma poi sfociata nell'amore di una vita.
Durante l'ennesimo viaggio estivo, in un'estate di quelle che ammorbidiscono l'asfalto, comprai l'ennesimo libro nell'ennesimo cestone delle offerte di un anonimo autogrill. Fu la svolta.
Come al solito si trattava del secondo libro di una serie (non si trovavano mai serie complete o i libri primi) e non gli avrei dato due lire dalla copertina. Ma dentro e' stata una rivoluzione, una completa ecologia aliena e la sua invasione del pianeta.
Era un libro del ciclo degli Chtorr, scritto nello stile un po' machista di David Gerrold e fermatosi al 4 volume. Li ho recuperati tutti negli anni successivi, tra una bancarella dell'usato e uno scambio.
E la passione per questo generre speciale non si fermo' la' ma piuttosto continuo' con altri libri di Niven, Aldiss, Vonnegut, Silverberg e molti altri. Solo molto piu' tardi scoprii che molti di questi autori si avvalevano della consulenza di scienziati serissimi, come il Dr. Cohen, con la passione per l'esobiologia.
E' una passione che e' continuata fino ad ora e che segretamente coltivo con regolarita'.
Come potevo resistere quindi, quando i ragazzi del Carnevale della Biodiversita' mi hanno chiesto di scrivere un post a riguardo? E come potete resistere voi a non leggere tutti gli altri post dei blog aderenti?
Ecco il mio racconto...
mercoledì 12 dicembre 2012
giovedì 22 novembre 2012
Lucci, accrescimento e genetica - due visioni diverse
Una bellissima immagine del laboratorio di genetica molecolare del Southwest Fisheries Science Center (NOAA)
Quando lessi a suo tempo l'articolo scritto da Armando Piccinini su Caccia e Pesca fui colpito dalle conclusioni secche e categoriche sulla gestione della pesca sportiva.
L'articolo, come afferma l'autore, e' stato ispirato dalla partecipazione al 6th World Recreational Fisheries congress, tenutosi a Berlino lo scorso anno e a cui sfortunatamente non ho potuto partecipare, visto che ero impegnato sul campo.
Nello specifico Piccinini si e' ispirato alla presentazione di un laureando, Petr Zajicek, che lavorava alla sua tesi di laurea con Robert Arlinghaus come supervisore. Il lavoro presentato al congresso aveva il titolo: Juvenile growth and adult behavior determine angling vulnerability of pike (Esox lucius) in their natural environment e un riassunto e' disponibile nel book of abstracts della conferenza.
La tesi di Zajicek, incentrata sulla telemetria dei movimenti dei pesci, e' disponibile (in inglese) a questo indirizzo: http://besatz-fisch.de/images/stories/zajicek_masterthesis_2012.pdf Poco o niente viene detto a riguardo delle connessioni con la pesca, o la genetica, che al momento sono ancora sotto analisi, ad opera di un altro studente: Tonio Pieterek.
Vorrei riprendere il discorso, perche' reputo l'argomento molto interessante e perche' ho avuto occasione di discuterne direttamente con i ricercatori coinvolti dopo la mia collaborazione con l'Istituto nell'ultimo anno. Come vedremo ci sono molti spunti di riflessione.
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giovedì 8 novembre 2012
Il boga grip tra necessita' e velleita'
Non sono un gran sostenitore dell'uso del boga grip.
Non tanto per l'attrezzo in se' quanto per il modo in cui viene usato dalla stragrande maggioranza dei pescatori. Perche', ricordiamolo, alla fine e' sempre una questione di come si usano gli strumenti che si hanno.
Recentemente ho trovato questo video che racconta di una ricerca effettuata in Australia, sul barramundi, un pesce della famiglia dei Latidi tra i piu' apprezzati dai pescatori sportivi.
Apprezzo sempre quando e' possibile divulgare i risultati di una ricerca scientifica in maniera semplice e diretta, come con un video, ma quello che mi ha colpito di piu' e' stato vedere il concetto dello studio "travisato" dallo stesso autore, nella fretta di comunicare.
Il dottor. Grace, che appare nel video, dice chiaramente che le lesioni alla spina dorsale provocate dal boga grip si sarebbero normalizzate in pochi giorni, e che il danno alla mandibola era di poco conto. Invece, purtroppo, si sbagliava.
Nell'articolo pubblicato in seguito a questo studio infatti Grace e Gould hanno rilevato danni praticamente permanenti, che permanevano 10 settimane ed oltre. Inoltre tutti i pesci maneggiati con il boga, anche in orizzontale, ricevevano un grosso foro che non era "comparabile con una ferita di un amo" come sostenuto nel video.
Alla fine puo' succedere, una discrepanza tra risultati preliminari e finali.
Il tutto pero' mi ha portato a fare una riflessione: il boga grip serve davvero? e se si, quando e come?
mercoledì 31 ottobre 2012
Pesca fantasma
No, non stiamo parlando di storie dell'orrore, anche se non e' un caso che l'articolo venga pubblicato in concomitanza con Halloween. E in un certo senso comunque e' un argomento che fa una certa sensazione.
La pesca fantasma, o ghost fishing in inglese, e' un termine che si riferisce specificamente alle attrezzature da pesca che, una volta smarrite, continuano a catturare pesci (ma non solo).
E' un problema che la grande maggioranza della gente comune ignora, e che addirittura viene ignorato anche dai pescatori stessi.
lunedì 22 ottobre 2012
Yes, I'm still alive
Si, lo so, il blog e' andato un po' a scatafascio.
Purtroppo ci sono momenti nella vita in cui uno deve fare delle scelte. Per quanto desiderato, il blog per me e' sempre stato un modo per occupare il tempo in maniera creativa. Un hobby che mi ha insegnato tanto e che mi ha fatto togliere qualche piccola soddisfazione, ma pur sempre un hobby.
Ma quando il lavoro (o meglio i lavori) occupa la maggior parte del tuo tempo rimane appena appena qualche ora al giorno per fare tutte le altre cose. E ci sono un milione di cose piu' importanti che aggiornare un blog.
Non voglio fare un elenco dei motivi (tutti validi, vi assicuro) per cui la voglia di aggiornare mi e' passata. Cosi' come non voglio trasformare il blog in una valvola di sfogo delle mie frustrazioni personali. Il blog ha parlato e parlera' solo di pesci, ecologia ed affini.
Il messaggio principale di questo post e': SI, SONO ANCORA VIVO.
Nonostante abbia dovuto aspettare di avere un po' di vacanza per trovare il tempo di scriverlo.
Ho ancora tante cose da dire, tante storie da raccontare e forse piu' di prima la volonta' di parlare degli argomenti che ho evitato per precauzione.
Quindi incrocio le dita e spero di riuscire a scriverne quanto prima.
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lunedì 2 aprile 2012
Diafanizzazione
Vedere, e far vedere agli altri, lo scheletro di piccoli animali o di animali che hanno un'alta percentuale di cartilagine?
Si puo'.
Il processo non e' troppo complicato e prende il nome di diafanizzazione.
Normalmente per preparare lo scheletro di un pesce, per l'esibizione in un museo o per la pratica didattica, si procede di solito con l'eliminazione delle carni. Processo lungo e difficile che di norma finisce per scomporre completamente lo scheletro. Che va poi ovviamente ricomposto con ovvio dispendio di tempo.
Lo scheletro di un pesce persico preparato da Udo Savalli (ASU)
Queste preparazioni in generale oltre ad essere difficili tendono a perdere tutta una serie di ossa che non formano la parte strutturale dello scheletro, cioe' che non sono connesse direttamente con la spina dorsale o le pinne. I migliori preparati si ottengono con teleostei piu' avanzati, come il persico per esempio, per via delle loro strutture ossee rigide e spesso ben connesse tra di loro.
Ma pesci come gli storioni hanno strutture ossee in parte cartilaginee (Condrostei) e in alcuni pesci l'intero scheletro e' cartilagineo (Condroitti). Alcuni esemplari pur avendo uno scheletro ossificato sono troppo piccoli per essere trattati con comodita' con i metodi classici.
Gia' da tempo venne quindi sviluppata una tecnica che permettesse di non dover eliminare la carne e permettesse di operare su campioni di piccolissime dimensioni.
Questo processo che, lo avrete indovinato, viene definito diafanizzazione, comporta la rimozione delle viscere, del grasso e della pelle per poi immergere i campioni in idrossido di potassio.
Dopo vari bagni in questa soluzione i tessuti perdono i loro pigmenti e si intravedono le ossa sottostanti. A questo punto le ossa vengono colorate con rosso di alizarina, aggiunto alla soluzione.
La preparazione di un campione puo' durare anche alcune settimane, a seconda della difficolta'. Una volta completato il processo il risultato finale puo' essere preservato all'interno di vasi contenenti glicerina. Come tutti i campioni difficilmente durera' in eterno ma sicuramente.
Un'ultima nota curiosa riguarda l'uso di questi pesci colorati. Oltre alla didattica c'e' chi ne ha fatto una forma d'arte, con tanto di esibizioni internazionali e pezzi in vendita. Il giapponese Iori Tomita ha perfino un sito con diverse foto interessanti (sue sono le ultime due immagini di questo articolo) che vi segnalo nel caso foste interessati ad approfondire: "New world transparent specimens".
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mercoledì 21 marzo 2012
"Carpe volanti"
L'attuale record mondiale di carpa, Scar, pescata da John Bryan. Quasi 45 chili di carpa. Un record che tutti vorrebbero emulare, ma a quale costo?
Questo articolo e' rimasto in gestazione per troppo tempo ed e' ora di pubblicarlo.
Anche se rischia di alimentare un acceso dibattito ormai sopito sono convinto che sia un bene parlarne e diffondere un'informazione serena e trasparente su una delle questioni piu' controverse del mondo della pesca.
Chi e' esperto di carpfishing sa che questo tipo di pesca, nato, se cosi' si puo' dire, negli anni '80 con lo sviluppo di montature ed attrezzatura specifici, e' un'evoluzione di tecniche di pesca piu' semplici gia' in uso in precedenza.
Questa nuova tecnica ha originariamente come scopo principale quello di selezionare la cattura della carpa rispetto a quella di altre specie. Ma un altro aspetto ricercato dalla maggior parte dei pescatori e' la selezione delle catture di taglia.
La taglia di una carpa "trofeo" e' cresciuta progressivamente negli anni e soprattutto dagli anni '90 a questa parte catturare una carpa "over X kg" e' diventato l'obbiettivo primario; un concetto aiutato e diffuso dai media di settore.
Come le aziende produttrici si sono unite ed hanno contribuito a questa richiesta cosi' hanno fatto anche i laghi di pesca sportiva. Nacque cosi' il bisogno di avere delle carpe di grossa taglia nel proprio laghetto per attirare clienti appassionati di questa tecnica.
Ma queste carpe non sono disponibili per l'acquisto nei vari allevamenti. Il tempo necessario per crescere una carpa fino alla taglia trofeo, anche ai ritmi intensivi degli allevamenti, e' troppo lungo. Oltre che in termini di tempo anche il costo potrebbe lievitare tanto che l'allevatore rischierebbe troppo, e nessuno e' disposto a fare investimenti troppo rischiosi.
Ecco che se la domanda non puo' essere soddisfatta legalmente si trovano strade illegali per farlo. Ecco il problema delle "carpe volanti".
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mercoledì 29 febbraio 2012
Lucci siamesi - il sonno della ragione genera mostri
C'e' un meccanismo perverso nella mente umana. Non si sa ne' il perche' ne' il percome ma spesso anche le persone piu' intelligenti spengono il cervello in alcune occasioni.
Sia una questione di comodo o una questione di meccanismo "salvavita" il fatto rimane.
Di esempi di questo fenomeno ne e' pieno il mondo ed il mondo della pesca e dei pesci non fa eccezione. Si fa molto prima a stupirsi di un'immagine e a rispedirla a tutti i propri amici che a chiedersi se questa sia vera oppure no.
A volte, come abbiamo gia' visto, anche l'incredibile puo' essere vero. Occorre quindi tenere sempre la mente aperta a tutte le possibilita' (ma non troppo, o il cervello rischia di cadere) ma occorre ancora di piu' verificare rigorosamente il piu' possibile tutte le informazioni che troviamo, tanto piu' se provengono dalla rete.
Il principio generale e': affermazioni incredibili richiedono prove altrettanto solide.
In molti di voi avranno gia' visto questa fotografia che ritrae un luccio con due corpi ed una testa sola. E' una foto vera? Un fotoritocco? Il prodotto della fantasia, della natura o di una burla ben architettata?
La famosa foto dei "lucci siamesi" che circola in rete ormai dal 2001
venerdì 24 febbraio 2012
Una diga, mille impatti
A che serve costruire una diga?
La risposta è abbastanza facile:
accumulare una riserva d’acqua, controllare il regime dei fiumi, creare nuovi spazi
ricreativi, eccetera. Non ultimo, il fatto di produrre energia idroelettrica,
fonte di per sé assolutamente pulita, priva di emissioni di CO2 o sostanze
inquinanti.
Ci sono conseguenze negative che
scaturiscono dalla costruzione di una diga?
Facile anche questo, la risposta è
sì.
Più in dettaglio: le dighe sono
dannose per i pesci o li favoriscono in qualche modo?
Esiste una relazione tra
alterazione idrologica e invasioni di specie alloctone?
Perché, spesso, le aspettative
relative alla pescosità negli invasi artificiali non trovano un riscontro costante?
Qui di seguito tenteremo di
rispondere a queste ed altre domande.
Dato che l’effetto più importante
di una diga sul corso d’acqua che la ospita è l’alterazione delle portate, cominciamo
con alcuni principi fondamentali che riassumono l’importanza del regime
idrologico, cioè l’andamento annuale delle portate di un fiume. I principi sono
i seguenti:
1 - Il regime di un fiume ne
caratterizza in maniera determinante l’habitat fisico e la composizione della
comunità biologica.
2 - Il ciclo vitale degli organismi
acquatici è scandito dalle portate dei fiumi
3 - La connettività tra le varie
zone di un fiume deve essere preservata
4 - Le alterazioni del regime
idrologico favoriscono l’invasione di specie alloctone
I concetti, presi singolarmente, sono
abbastanza chiari, ma vediamo di approfondire alcuni aspetti che ne conseguono.
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domenica 12 febbraio 2012
Bioaccumulo e biomagnificazione: due miti da sfatare?
Tonno rosso, una specie al vertice della piramide trofica (Foto: Leonardo Muto - Francesco Paolini) |
Si dice che la maggior parte delle sostaze tossiche che assumiamo con il cibo provenga dal pesce.
In particolare ci raccomandano di consumare basse quantità di specie come tonno e pesce spada in quanto, trattandosi di predatori al vertice della piramide trofica, si fanno carico di tutte le sostanze che si trovano ai livelli inferiori, accumulandone grandi quantità nei propri tessuti. Questo fenomeno prende il nome di biomagnificazione, vale a dire l'aumento di concentrazione di una sostanza dalla preda al predatore.
Ma è proprio vero tutto ciò? C'è differenza, in termini di tossicità, tra mangiare un chilo di sardine o un chilo di tonno, a parità di qualità delle acque? La differenza senza dubbio c'è, ma è necessario fare delle distinzioni che vedremo tra poco.
Un altro quesito da porsi è se i pesci siano realmente più tossici di altri organismi. Tranne alcune eccezioni, la risposta è sì, o almeno lo sono al pari di altri organismi acquatici. Ciò è dovuto al fatto che il contatto tra i tessuti e le sostanze presenti in acqua è garantito dalle branchie, come vedremo oltre, e dalla capacità di trasporto dell'acqua stessa.
Ultima questione: ma è possibile che questi benedetti pesci si riempano di metalli pesanti, pesticidi e quant'altro in quantità tale da provocare avvelenamenti di massa, come nel celebre caso di Minamata (http://it.wikipedia.org/wiki/Malattia_di_Minamata), ed essi stessi non risentano affatto di tutto ciò?
Continuate a leggere e troverete le risposte!
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