Nel post precendente, come introduzione, abbiamo visto il caso della disputa (molto tirata) sull'alloctonia del siluro.
Ora, sperando che quello spunto sia servito a spronare la vostra curiosita' vorrei andare a vedere come viene definito se una specie e' alloctona o autoctona. Partiremo dai casi piu' generali e finiremo col fare qualche esempio riferito all'italia.
Partiamo dal principio.
In natura i pesci tendono a migrare e a colonizzare nuove aree man mano che si trovano a contatto con zone che presentano caratteristiche di abitabilita' per la specie. Una volta "nata" una nuova specie pertanto, essa tendera' ad espandersi con tutti i mezzi disponibili in tutti gli ambienti che sono fisicamente raggiungibili e vivibili.
L'elevato numero di generazioni e la relativamente breve vita media dei pesci li rendono in grado di adattarsi abbastanza rapidamente (se parliamo di tempi nell'ordine delle migliaia di anni) ai cambiamenti ambientali. Molti ordini di pesci hanno molteplicita' di forme adattate ai vari microambienti di un grande lago, oppure possono sopravvivere in condizioni estreme. Senza entrare nel dettaglio basti dire che le specie tendono naturalmente ad espandersi quanto piu' possibile.
In un primo approccio pare semplice capire come un pesce possa espandersi all'interno di un bacino fluviale, risalendo affluenti o lasciandosi trasportare dalla corrente verso valle. Piu' complicato e' capire come, a volte, i pesci riescano a colonizzare ambienti separati come laghi. Molte ipotesi diverse sono state formulate su come questo avvenga ma non mi voglio dilungare oltre. Non intendo nemmeno entrare nel dettaglio di quali tecniche (genetico-molecolari) vengono utilizzate per capire l'areale di origine di una specie e la sua diffusione.
Per il momento basta considerare che le specie riescono a superare quasi tutto tranne barriere molto difficili come l'acqua di mare (per i pesci strettamente di acqua dolce) o le catene montuose.
L'umanita', da qualche centinaio (in alcuni casi migliaio) di anni a questa parte ci ha messo del suo per complicare le cose. In fondo la capacita' dell'uomo di modificare l'ambiente a proprio vantaggio e' una delle sue caratteristiche salienti.
L'allevamento di alcune specie e la relativa diffusione sono andate di pari passo, aiutando l'uomo a mangiare o a divertirsi, per esempio con la pesca o con pesci "da compagnia".
Il trasporto di animali da un posto all'altro dunque e' prassi normale per l'uomo. Uno dei casi piu' eclatanti e' la trota iridea, ritratta qui in tutto il suo splendore.
Questo salmonide nord-americano si e' rivelato facile da allevare e piuttosto resistente alle diverse condizioni ambientali. Pertanto e' stato trasportato a migliaia di chilometri di distanza fino ad arrivare non solo in Europa ma anche in continenti come l'Australia.
La storia di come siano riusciti a trasportare le trote in Australia di per se' sarebbe materiale per un bel post. Ma non divaghiamo.
Dopo quanto abbiamo visto finora viene spontaneo definire "alloctono" qualsiasi organismo con areale d'origine inizialmente separato che viene successivamente introdotto da parte dell'uomo in un nuovo ambiente. Questa distinzione non tiene conto dello scopo per cui viene fatta l'introduzione, anzi, generalmente la maggior parte delle specie viaggiano con l'acqua di zavorra delle navi o in altre maniere "casuali" e sono lontano dall'essere intenzionali.
Quindi ogni organismo portato dall'uomo in un'altra zona e' alloctono, senza nessun termine di tempo.
C'e' una definizione di alloctonia che tiene in considerazione il fattore tempo? Si, si basa sostanzialmente sulla situazione biogeografica della specie. Si dice che una specie e' "introdotta" nelle prime fasi, "acclimatata" quando presenta una o piu' popolazioni che si autosostengono con riproduzione naturale, "naturalizzata" quando la specie e' ormai consolidata sul territorio.
E' una definizione basata sulla biologia che pero' ha delle ricadute legali, una specie "naturalizzata" per esempio non e' considerata piu' completamente alloctona e quindi puo' non essere oggetto di controllo biologico.
Questa definizione pone quindi un problema: quali sono i limiti della naturalizzazione? Perche' se e' ben chiaro quando la specie e' introdotta non e' ben chiaro quando sia da ritenere ormai naturalizzata. Quando c'e' in almeno meta' delle acque della nuova zona? Quando la popolazione ha finito la prima (o seconda, o terza) fase di espansione? Quando e' stabile?
Spesso si finisce per definire naturalizzate tutte quelle specie che, presenti da decenni sul territorio, hanno finito per entrare nelle attivita' umane. Specialmente quelle con un indotto economico consistente.
Anche definire cosa sia autoctono e' implicitamente legato alla variabile tempo. Infatti quale fauna dobbiamo ritenere autoctona? quella di 100 anni fa? quella di 1000 anni fa? 2000 anni fa? appena dopo l'ultima glaciazione?
Per l'Italia e' relativamente piu' semplice definire una fauna "autoctona" per via delle alpi che possono essere considerate una barriera naturale insormontabile, il resto della penisola e' circondato da mari (salati) che impediscono il diffondersi delle specie di acqua dolce. Ma anche all'interno della penisola vi sono montagne che per millenni hanno diviso le popolazioni e caratterizzato una composizione faunistica che ad oggi e' semplicemente stata distrutta.
Ma vediamo qualche esempio pratico per evitare di dilungarci troppo:
- Siluro: il siluro e' una specie alloctona in Italia in quanto introdotta dall'uomo nel secolo scorso, alcune provincie la considerano dannosa e i loro regolamenti ne vietano la reimmissione in aqua mentre in altre provincie (regioni) non esistono misure di controllo.
In Olanda il siluro era considerato una specie alloctona (anche se non vi erano misure di controllo) fino a che non vennero ritrovati resti sub-fossili in insediamenti preistorici (qualche migliaio di anni). Da quel momento venne considerata una specie in naturale ritorno delle acque e protetta dalla legge (ecco il richiamo alla storia dell'articolo precedente).
In Inghilterra il siluro e' stato immesso da quasi 2 secoli, e' quindi tecnicamente una specie alloctona ma viene considerato ormai "naturalizzato". Non esistono misure di protezione ma non vengono effettuati programmi di controllo.
- Carpa: In Italia la carpa venne introdotta in tempi storici, tecnicamente e' quindi una specie alloctona anche se presente da qualche centinaio di anni. La sua presenza e' talmente consolidata che praticamente tutte le regioni hanno misure di tutela per la specie.
- Carpa erbivora o Amur: Di introduzione molto piu' recente rispetto alla carpa sembra non formi popolazioni autosufficienti. E' alloctono ma molte regioni, essendo coinvolte in prima persona nel mantenimento degli stock, hanno delle misure di protezione per la specie.
E' un ottimo esempio di come un tentativo di bioregolazione delle piante acquatiche sia finito male.
- Black Bass: introdotto di recente in Italia e' alloctono a tutti gli effetti. L'indotto che la pesca al bass crea pero' lo rende tutelato in moltissime regioni. Alcune regioni pero' ne vietano la reimmissione, coerentemente, come per il siluro.
- Luccioperca: anche qua si tratta di un'introduzione recente. Ed anche in questo caso la specie, pur essendo alloctona a pieno titolo, gode di protezione in alcune regioni grazie alle ottime carni che sono una risorsa economica ed alimentare. In altre regioni viene invece attivamente limitato.
Un esempio di come sia ancora piu' difficile dare una definizione di "alloctono" lo possiamo trovare in altri ordini di animali, gli uccelli per esempio.
Il Cormorano e' una specie naturalmente incline alla migrazione. Indipendentemente dalle cause (ascrivibili piu' o meno all'uomo) alcune comunita' sono divenute stanziali in Italia creando un disequilibrio nella fauna. Tecnicamente non e' alloctono, non e' stato introdotto dall'uomo ed in qualche modo era presente anche prima, ma il numero elevato e in crescita potrebbe creare dei problemi. I piani di abbattimento non sono effettivi ed efficaci in tutte le regioni.
Oppure negli ungulati. Il Capriolo e' stato largamente introdotto in molte zone d'italia, e' quindi alloctono (relativamente alla singola zona) ma viene regolarmente protetto. Anche quando il sovrannumero della popolazione rischia di portare ad epidemie e morie generali.
Riassumendo in poche righe tutto il post:
Alloctono:
- come: introdotto dall'uomo (anche casualmente)
- dove: al di fuori dell'originale areale di distribuzione
- quando: in teoria per sempre, in pratica fino a quando non viene considerato naturallizzato (spesso per motivi legati all'economia)
Autoctono:
- come: frutto di una migrazione naturale o residente da tempo
- dove: nell'areale originale di distribuzione
- quando: in teoria da alcune migliaia di anni o prima dell'intervento umano, in pratica dipende sempre da motivi non biologici
P.s. Tutte le specie ritratte in questo post sono alloctone.
Sperando di aver fatto un po' di chiarezza o quantomeno presentato la questione nella sua interezza vi anticipo il contenuto del prossimo post che si occupera' di concludere quanto iniziato nella prima parte della discussione sulla gestione dela pesca sportiva e catch&release.
Un'ultima cosa: per chi fosse interessato aggiungo in coda a questo post un paio di link utili per approfondire il discorso sull'alloctonia e sulle specie invasive. Il primo e' un articolo pubblicato su Science magazine e il secondo un sito comunitario sulle specie invasive, entrambi sono in inglese.
Will Threat of Biological Invasions Unite the European Union?
DAISIE
Bibliografia:
P.G. Bianco (vari scritti e comunicazioni personali)
5 comments:
Ciao Marco, mi permetto di dissentire, l'esempio del Capriolo non lo considero dei più adatti.
Premettendo che con "regolarmente protetto" qualcuno potrebbe cadere in errore pensando che la specie sia protetta, mentre per la 157/'92 è nell'elenco delle specie cacciabili, con attività venatoria contingentata; non ricordo casi di epizoozie significative nel caso del Capriolo che possano eleggere la specie ad esempio (tra l'altro si tratta di Cervide soggetto ad una pressione venatoria di tutto rispetto).
Forse era meglio citare un altro Ungulato come lo Stambecco (specie protetta) o, ma forse esempio meno significativo, il Camoscio delle Alpi, entrambe specie esempio quando si tratta di rogna sarcoptica...
Conclusione finale: cosa c'è di meglio di un epidemia o di una moria generale per portare avanti la selezione naturale?
In effetti forse non e' il piu' calzante e ce ne sono di migliori.
Ma lo sai bene anche tu che spesso ci si oppone ai piani di abbattimento programmato dei caprioli sfruttanto l'immagine di "bambi". L'ultimo caso mi pare in Piemonte solo qualche anno fa.
E le epidemie ci sono state, anche significative, solo qualche decina d'anni fa anche a casa nostra..
Il "regolarmente protetto" si riferisce al fatto che pur essendo una specie introdotta gode di misure di protezione, niente altro.
Forse avrei dovuto fare l'esempio del pino mugo, che al momento sta strangolando le mie montagne ma e' specie a rischio (anche se introdotta in loco nel 1920) e quindi non si puo' toccare..
In chiusura:
io sarei favorevolissimo a che le popolazioni naturali si possano regolare da sole, con incendi, epidemie, sovrappopolazione etc. il problema sorge solo quando, per interesse o per ignoranza, si controllano alcuni aspetti della natura e si predica lassismo in altri.
Se porto un pesce dall'europa in nuova zelanda e questo comincia a creare problemi non e' colpa del pesce ma della mia gestione carente. A quel punto e' inutile sperare che sia la natura a riparare il danno, sarebbe come buttare la spazzatura nel bosco e pretendere che la natura si arrangi a decomporre il tutto..
<>
Introdotta?
Confusion...
Si effettivamente ho sbagliato esempio.
Anche se dopo la prima guerra mondiale non era rimasto un solo pino mugo in tutto l'altopiano la specie era presente gia' da prima. Quindi reintroduzione sarebbe piu' appropriato e comunque l'esempio non regge piu'.
Meglio che resti nell'ambito dei pesci la prossima volta :)
Ti vengono in mente altri esempi?
Great post thank yyou
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