lunedì 7 dicembre 2015

Il lavoro migliore del mondo (?)

Dottorato di ricerca, croce e delizia di ogni buon aspirante scienziato.

In molti mi hanno chiesto consigli su come procedere dopo la propria laurea. Cosi' ho pensato di scrivere un piccolo tutorial basato sulla mia esperienza (e su quella delle persone che conosco piu' da vicino), sperando che sia utile a chi non sa ancora cosa fare ma anche a chi sa cosa fare ma non sa come farlo.

Quali caratteristiche dovete avere per entrare in un dottorato? Come trovare un dottorato? Cosa deve offrire un dottorato perche' sia minimamente accettabile? Cosa vi chiederanno di fare durante un dottorato? Che cosa dovreste sperare di ottenere dal vostro dottorato? Cosa fare dopo un dottorato?

Non fatevi spaventare dal cancello, la porta e' sempre aperta....


lunedì 28 settembre 2015

Provare l'improbabile - scienza investigativa

Un piccolo pesce che ha fatto partire una grande storia. Foto @ Mattia Lanzoni.

Questa storia comincia nella tarda estate del 2007, quando un pescatore, seduto in riva ad un canale, trova un pesce strano appeso al suo amo. Sembra un piccolo cavedano, di quelli che una volta si trovavano ogni mezzo metro di canale. Solo che sono ormai anni che il cavedano nella zona si e' rarefatto, quasi sparito.

Vuoi vedere che?...ma no, non e' possibile...

Eppure il pesce viene portato da qualcuno che ne sa, giusto per essere sicuri. E quello non ha dubbi, si tratta di una piccola carpa erbivora o amur.
Sicuramente roba uscita da qualche laghetto, ci si dice, e la cosa finisce la'.

Se non che durante i recuperi di pesce invernali, qualche anno dopo, rispuntano altri esemplari. Poca roba, una manciata, ma abbastanza per mettere la pulce nell'orecchio agli addetti ai lavori.
Negli anni successivi ne vengono catturati ancora, nelle stesse localita' (ormai note) dove ormai si monitora specificamente la situazione. E le catture si ripetono ad ogni anno, vuoi vedere che...?

Beh, in effetti la cosa non fa molta notizia ormai, perche' e' cosa nota ai piu'. Pero'...
Pero' puo' sempre essere che siano pesci usciti da un allevamento, o rilasciati da qualcuno illegalmente...come fare?

lunedì 21 settembre 2015

Le dimensioni contano? e se si' quanto?



Quando devi misurare e taggare centinaia di lucci in una giornata non si puo' andare tanto per il sottile..tanto che questa foto venne rifiutata per la pubblicazione su Esox World

Peso = 0.002426 * (Lunghezza * Circonferenza)^0.974

Sto dando i numeri? Forse si'...
Meglio cominciare la storia dall'inizio

A luglio del 2012 contattai Steve Rowley a riguardo del suo editoriale che parlava di pesare inveceche misurare i lucci, appena pubblicato su EsoxWorld. Al tempo ero disperso a lavorare sul campo in Lapponia, quindi dopo un paio di e-mail la cosa fini' li'.

Ma il mio interesse era destinato a ridestarsi ancora, dopo aver letto l'articolo di Neville Flicking, apparso sul numero 13 della stessa rivista, a neanche un anno di distanza. Era un articolo sulla stessa linea dell'editoriale, ma con un sacco di battute in piu' ai danni di chi misura i lucci.

Cosi' mi decisi a scrivere un articolo di risposta, che venne pubblicato sul numero successivo, per spiegare come mai peso o misura contino solo relativamente. Anche alla luce di un mio lavoro che era appena stato accettato per la pubblicazione.

La maggior parte dei pescatori sono interessati a stabilire la taglia delle loro catture, e' una questione di gratificazione personale (anche se a volte si tratta di "celolunghismo"). Mentre in paesi come l'Italia il confronto tra catture (e pescatori) viene fatto a colpi di misure di lunghezza, ci sono altri paesi (tra cui la Finlandia e l'Inghilterra) dove e' consuetudine pesare le catture.

Per capire quanto questo sia frutto di consuetudine basta pensare al caso del bass, che negli Stati Uniti viene pesato e di conseguenza detta tradizione per tutti gli altri paesi (Italia inclusa, in controtendenza con le altre specie). Alle volte si estremizza, forza della tradizione, pesandolo in libbre perfino dove impera il sistema metrico.

Ma quindi ha senso misurare o pesare il pesce?

giovedì 19 febbraio 2015

Carpe alloctone - una diatriba senza senso

Recentemente sono tornato in Italia per una settimana, in occasione di una conferenza, un seminario e un po' di giorni di lavoro per completare uno studio iniziato quasi un anno fa.

Mi e' anche capitato di arrivare alla fiera di Vicenza, dove ho avuto l'occasione di venire a contatto con questa iniziativa e i suoi promotori.


Ho cosi' finalmente deciso di pubblicare uno scritto che avevo preparato molti mesi fa, sull'onda della polemica nata dalla decisione di inserire la carpa nella lista delle specie alloctone in Emilia Romagna (qua e qua un paio di esempi per tutti).

giovedì 20 marzo 2014

Come si fa a sapere l'eta' di un pesce?


Una squama di luccioperca lucioperca, ingrandita circa 16 volte

Sono sicuro che, almeno una volta nella propria vita, ciascun pescatore si e' domandato che eta' potesse avere il pesce appena pescato.

Me lo domandavo anche io, e cosi' e' stata una delle prime cose che ho studiato quando ho cominciato la mia carriera nella ricerca ittiologica. Si tratta di un'analisi "di base", ma che presenta interessanti sfaccettature e utili risvolti nella conservazione.

Se interessa anche voi continuate a leggere, non ve ne pentirete.

lunedì 16 dicembre 2013

Attacchi agli umani


Poco piu' di un'escoriazione in via di guarigione, ma chi sara' stato?

Lasciate ogni speranza, o voi ch'intrate in acqua!!!

Scherzi a parte, oggi parliamo di eventi rari, anzi molto rari. 
Avete mai sentito parlare di leggende di pesci enormi che attaccano cani ed a volte bambini? (praticamente ogni episodio di River Monsters...)
Beh, come in ogni leggenda c'e' un fondo di verita' anche queste storie qualcosa di vero potrebbe esserci....

Eh niente, c'erano post un po' piu' solidi in cantiere ma cosa volete, e' la fine dell'anno e c'e' tanto altro da fare. Tutto rimandato dunque, e invece vi cuccate un post sugli attacchi dei pesci d'acqua dolce agli umani.
Si, lo so, non e' esattamente adatto al periodo e sicuramente non fa molto spirito natalizio, pero' ho raccolto un buon numero di casi durante gli anni e dopo una discussione avuta di recente mi e' sembrato che fosse arrivato il momento di pubblicarli.

- Attenzione, il post contiene immagini di morsi vari su parti umane. Nonostante abbia selezionato i casi meno truculenti ne sconsiglio la visione ai deboli di stomaco -

lunedì 11 novembre 2013

Nuove specie di esox? - Terza parte (genetica)


Un'illustrazione inglese del 1862-1865 raffigurante un luccio ed inclusa nel testo "History of the Fishes of the British Islands" di Jonathan Couch

Questo articolo e' l'ultimo della serie di 3 dedicata alle specie di esox italici (qui la prima e qui la seconda puntata che consiglio di leggere prima di proseguire nella lettura) e il penultimo che pubblichero' riguardo al luccio per il 2013.

Quindi tirate un sospiro di sollievo, che c'e' qualcosa di diverso sul menu' :)

Nelle ultime due puntate abbiamo visto come esistano alcuni dubbi in merito alle livree ed ai caratteri meristici (pori e squame) che distinguono le nuove specie di Esox. Oggi andiamo a vedere quelle che sono sicuramente le basi piu' solide di queste descrizioni: quelle genetiche.

Inoltre andremo a vedere qual'e' il panorama internazionale riguardo alla definizione di specie e quali sono state le ripercussioni nei media e nell'ambiente scientifico di queste descrizioni.

Infine faremo qualche considerazione, per la verita' empirica e generale, riguardo alla conservazione della specie.


lunedì 28 ottobre 2013

Nuove specie di esox? - Seconda parte (meristica)


Questo post e' la seconda parte di una serie di tre. Vi invito a leggere la prima parte, se non l'avete ancora fatto, prima di proseguire nella lettura.

Oggi andremo a vedere le altre caratteristiche morfologiche proposte da Lucentini e Bianco (oltre alla livrea) per la distinzione della/e nuova/e specie di Esox dell'Italia.

La discussione di oggi si sviluppa soprattutto su caratteri meristici, cioe' cose che si possono contare in maniera continua sul corpo dei pesci. In particolare si tratta di pori mandibolari e di squame lungo la linea laterale.
Soffocate gli sbadigli, non e' cosi' terribile come potrebbe sembrare! :)


mercoledì 16 ottobre 2013

Nuove specie di esox? - Prima parte (livrea)


Autunno tempo di lucci.

Quindi tempo anche di pubblicare tutti gli articoli sul luccio che sono rimasti per troppo tempo in coda di pubblicazione.

Questo in particolare e' un articolo che non ho voluto pubblicare all'epoca in cui l'ho scritto (nel 2010). Infatti a quel tempo era in atto un acceso dibattito, non solo all'interno dell'ambiente dei pescatori ma anche in seno all'AIIAD (l'associazione italian ittiologi aque dolci). Dibattito in cui non ho voluto partecipare piu' di tanto all'epoca e a cui non vorrei piu' di tanto partecipare adesso. Unica eccezione ovviamente i commenti a questo articolo, dove speriamo si possa sviluppare una discussione.

E' piuttosto recente (in termini scientifici) la pubblicazione di un nuovo articolo che parla del luccio in Italia. Questo articolo definiva una nuova specie di luccio, basandosi su caratteristiche morfologiche: Esox cisalpinus. Poco dopo un'altro articolo sullo stesso argomento e' stato pubblicato sulla rivista open access PloSOne. Quest'ultimo articolo si riferiva per lo piu' a basi molecolari ed anch'esso definiva una nuova specie: Esox flaviae. Infine un altro articolo che conferma la prima pubblicazione, ma da parte dello stesso autore.
I due autori, data anche la vicinanza dei tempi di pubblicazione, sono entrati in conflitto, con alcuni risvolti etici. Conflitto in cui non voglio assolutamente entrare.

Con questo articolo voglio invece cercare di analizzare quelle che sono le recenti proposte di suddivisione in specie del luccio, mantenendo la concentrazione sui fatti piuttosto che sulle opinioni. L'intenzione e' di fare un riassunto della situazione tassonomica e portare alcune considerazioni derivate da dati personali. L'obbiettivo, ambizioso lo ammetto, e' di fare una guida completa a riguardo, che possa diventare un punto di riferimento per discussioni e valutazioni non solo divulgative.

Data la lunghezza dell'articolo ho dovuto dividerlo in 3 parti potete trovare qui la seconda parte e qui la terza.

mercoledì 2 ottobre 2013

Luccio - una storia lunga milioni di anni


Circa 100-66 milioni di anni fa, nel continente Americano, che proprio allora si stava separando dall'Eurasia, viveva un pesce molto simile al luccio che conosciamo oggi. Ma non il luccio europeo che abbiamo spesso visto su queste pagine, bensi' un luccio americano, o pickerel.

Come facciamo a saperlo?

Come per tante altre specie, abbiamo trovato dei resti fossilizzati. Una piccola parte della mandibola recante i denti che, ad un'analisi accurata, e' stata attribuita al genere Oldmanesox canadensis (luccio canadese dell'Oldman), dal nome della formazione in cui e' stato ritrovato. E, piu' o meno in contemporanea, Estesesox foxi dello stesso periodo ma proveniente dal Wyoming, anch'esso noto solo per una parte della dentatura.

martedì 17 settembre 2013

Rimozione delle dighe: l’utopia diviene realtà

Una diga sull'Elwha River, Washington, attualmente in fase di smantellamento (foto: Wikimedia Commons)
Avrei voluto scrivere questo post poco tempo dopo quello riguardante l'impatto delle dighe sugli ecosistemi fluviali, che potete trovare qui: Una diga, mille impatti
Meglio tardi che mai, comunque. Sono ancora in tempo a inserire un link, dove potete trovare una serie di video del National Park Service del Ministero degli Interni USA. I filmati documentano passo per passo un processo di restaurazione ambientale “da manuale” tuttora in corso, riguardante il fiume Elwha, nello stato di Washington. Ecco qua: Elwha River Restoration
Per questo dibattutissimo progetto, il più grande che abbia mai avuto per oggetto la rimozione di una o più dighe, sono stati stanziati dal governo ben 350 milioni di dollari. Una cifra niente male.
Nel primo post sulle dighe, avevamo analizzato quali fossero gli impatti di queste opere sugli ecosistemi fluviali. Ne era uscito un quadro piuttosto serio, evidenziando come la regimazione dei fiumi finalizzata al controllo delle piene, della produzione energetica e, soprattutto, alla creazione di scorte d'acqua, in quest'era di cambiamento climatico, sia spesso necessaria, ma al contempo fortemente invalidante per gli equilibri biologici dei fiumi ed il benessere dei loro abitanti, a cominciare dai pesci.
I fiumi della costa occidentale del Nord America, che sfociano nell'Oceano Pacifico, ospitano un gran numero di specie ittiche, tra le quali i salmoni e le trote del genere Onchorhynchus. Ben sette di queste specie (chinook, coho, chum, sockeye, pink salmon, steelhead, coastal cutthroat trout), più due di Salvelinus (bull trout e dolly varden), sono i salmonidi migratori naturalmente presenti nel fiume Elwha, tutti in crisi più o meno profonda a causa della costruzione delle due dighe che impediscono loro il raggiungimento dei letti di frega situati nella parte alta del corso d'acqua. I lavori per la rimozione della prima diga iniziarono nel settembre 2011 e già a marzo 2012 il lavoro era stato completato, ristabilendo parte della continuità longitudinale del corso d'acqua.

giovedì 22 agosto 2013

L'impatto del siluro, e delle specie alloctone, sull'ecosistema - nuovi studi

Silurus glanis (@wikimedia commons)

Prima di scrivere questo articolo ci ho pensato non poco.
Prima perche' l'argomento e' da sempre controverso, e poi soprattutto perche' essendo coinvolto in prima persona nello studio non sarei riuscito a mantenere l'abituale imparzialita'.

E' passato cosi' quasi un anno dalla fine del lavoro, e gia' alcuni mesi dalla pubblicazione, prima che mi decidessi a scriverne.

Ma partiamo dal principio:

La prima serie di articoli pubblicata su questo blog aveva come oggetto il siluro (Silurus glanis) in quanto voleva essere una specie di "riassunto" delle informazioni disponibili su questo pesce.
La serie voleva prima di tutto essere una fonte di riferimenti scientifici in forma divulgativa, in modo da risparmiare tempo nelle annose discussioni che all'epoca imperversavano nei vari forum tematici.

Partito da un'analisi sulla quantita' di cibo ingerito dal siluro, ero poi passato a vedere di che tipo di cibo si trattasse. Quindi sulla base di questo avevo stilato una valutazione d'impatto (grossolana) e per finire esplorato alcune possibilita' di contenimento ed eradicazione.

Questa serie di articoli e' tutt'ora tra gli articoli piu' letti di questo blog.

Ma non poteva finire la'. Durante la stesura degli articoli mi ero accorto di due cose:

1 - Mancavano completamente o quasi ricerche fatte in Italia, pur essendo una tra le specie introdotte piu' controverse e malgrado molti studi millantati
2 - Mancavano informazioni sull'impatto in casi studio, in Italia ma anche all'estero, per via della difficolta' nel reperire dati adatti che permettessero di studiare il problema seriamente

Fortuna volle che, tramite amicie comuni, entrassi in contatto con l'universita' di Ferrara dove il team di ricerca stava gia' lavorando ad un progetto riguardante il siluro e piu' in generale le specie alloctone. Progetto a cui ho potuto dare il mio contributo.

La scardola italica (S. hesperidicus) una delle specie con il declino piu' accentuato nell'area di studio (@ ittiofauna.org)

L'idea di fondo era cercare di capire se e come l'espansione del siluro avesse impattato sulla fauna autoctona nella rete dei canali della pianura padana. Un ambiente molto particolare.

La rete idrica e' molto complessa e l'area pesantemente antropizzata, il livello delle acque nei canali della rete idrica e' abbassato durante la stagione invernale dal consorzio di bonifica fino quasi a restare in secca. In alcuni canali vengono anche effettuati prelievi autorizzati del pesce, al fine di spostarlo in altri canali limitrofi prima dell'asciutta. Questo offre la possibilita' unica di avere un'istantanea completa della popolazione ittica del canale in quel momento, in quanto pressocche' tutto il pesce viene catturato e trasferito.

Ovviamente questo e' anche uno dei modi in cui le specie alloctone vengono spostate (assieme alle autoctone) da un canale all'altro. Ma esse possono comunque passare dal corso principale del Po a tutti i corsi di ogni ordine della rete idrica anche per altre vie.

Dunque, in questo regime molto particolare che dura da decenni, qual'e' stato l'impatto del siluro e di altre specie alloctone?

Per verificarlo abbiamo utilizzato un metodo molto diretto: abbiamo preso in esame 14 canali della rete idrica con simili caratteristiche e che non avessero subito modifiche sostanziali alla loro morfologia negli ultimi 18 anni.

Poi siamo andati a controllare elementi quali la composizione di specie durante 4 eventi di svuotamento e trasferimento dei pesci dal 1991 al 2009. Il trend era piuttosto univoco in tutti gli ambienti:

le specie autoctone erano in declino, mentre in generale aumentavano in corrispondenza le specie alloctone



Le variazioni di numero di individui e biomassa delle varie specie, dall'alto al basso rispettivamente di specie alloctone, autoctone, alloctone di vecchia introduzione e di nuovo alloctone.

La situazione odierna e' sconcertante. La comunita' ittica e' infatti dominata da poche specie, tutte alloctone. Su tutte il siluro ma anche la carpa (di grandi dimensioni), a seguire luccioperca, breme e pseudorasbora (in declino).
Le specie autoctone, che prima prosperavano, ora sono ridotte al lumicino o estinte.

Ma quindi qual'e' la causa di tutto questo? Come abbiamo gia' detto in questi canali non e' cambiata la morfologia ne' e' cambiato il regime idrico o di gestione ittica.

Potrebbe essere cambiata la qualita' delle acque stesse? Siamo andati a verificarlo utilizzando i dati completi della serie storica sui vari parametri delle acque, rilevati durante tutto il periodo. Inoltre abbiamo analizzato tutta la letteratura disponibile sugli effetti che i vari parametri chimico/fisici dell'acqua hanno sui pesci in oggetto, o su specie simili quando non c'era altro di disponibile. Le condizioni dell'acqua non erano tali da impedire la vita delle specie autoctone ma al massimo potevano portare a stress periodici.

Il risultato era chiaro anche in questo caso:

scarsa o nulla correlazione con i parametri fisici dell'acqua, che non sono sostanzialmente cambiati durante il periodo studiato


Le cause del declino sono dunque probabilmente da attribuire principalmente alle interazioni tra specie alloctone ed autoctone, tra cui il siluro forse ha giocato un ruolo di rilievo, all'interno di un ecosistema estremamente semplificato ed antropizzato, che probabilmente esaspera le interazioni ecologiche. I canali che un tempo fungevano da nursery per le specie autoctone sono adesso dominate da una fauna danubiana.
E cosi' un giorno manderemo cartoline in Ungheria con francobolli come questo

Non e' dunque vero che il siluro o gli alloctoni  non hanno impatto o che possono coesistere assieme a tutte le altre specie. Almeno non e' vero in questa situazione, che purtroppo e' rappresentativa di molti sistemi all'interno del suo areale di introduzione. Ne' e' vero neanche che la causa del declino delle specie autoctone sia principalmente dovuta solo all'inquinamento o agli interventi in alveo.

Ma non e' finita qua, perche' rimangono ancora alcuni punti che meriterebbero di essere investigati seriamente. E ci stiamo lavorando (seriamente) sopra.

Bibliografia:





  • Castaldelli G., Pluchinotta A., Milardi M., Lanzoni M., Giari L, Rossi R., Fano E.A. 2013
  • Introduction of exotic fish species and decline of native species in the lower Po basin, north-eastern Italy

    martedì 13 agosto 2013

    Uno, nessuno, CENTOMILA



    Uno,

    Nessuno, 

    100.000 visitatori da Giugno 2010, quando il blog e' stato creato

    Una media di 33.000 visitatori all'anno non sono molti, ma sono pur sempre oltre 2500 persone al mese (in media) che hanno potuto leggere informazioni nuove e contenuti originali.
    In realta' ultimamente le visite sono molto di piu', verso le 3000 al mese con picchi storici da oltre 4000 visite. Lo so, sono un niente nel panorama globale di internet.

    Pero' va tutto rapportato, Paperfish si rivolge a poche persone (per via della lingua) con un interesse specifico (per via degli argomenti) e insomma non va niente male per quello che fa. Non facciamo pubblicita', non facciamo spam, non parliamo di casi di attualita', non facciamo polemica gratuita e neanche mettiamo tette e culi per alzare il numero dei lettori ad ogni costo.

    89 post pubblicati (con questo 90) di cui certo una parte riguarda il blog e le sue funzioni, o perfino le opinioni personali di chi scrive, ma la maggior parte ha un forte connotato scientifico e divulgativo.

    Tutto questo grazie a due studentelli.
    Un  paio di signor nessuno, senza dubbio, ma che se non altro hanno colmato un bel vuoto nel panorama della rete e dell'informazione disponibile in Italiano.

    Quali sono le cause di questo relativo successo?

    Non sarebbe molto modesto dire che e' merito nostro, del nostro talento. Ma di sicuro in parte lo e', e non vedo perche' non riconoscere il frutto del sudore della nostra fronte.

    Sicuramente in parte e' anche dovuto al fatto che non c'era (e non c'e') una fonte d'informazione relativa alla fauna ittica e all'ecologia e gestione delle acque dolci, in Italiano, accessibile a tutti e gratuita. Se si esclude ittiofauna.org, dove almeno ci sono schede sui pesci molto ben fatte, anche se focalizzate solo sulla tassonomia.

    Non per ultimo, forse anche grazie al numero di cattiva informazione propagata negli anni da altre fonti. E' piu' facile essere bravi quando l'unico paragone e' il peggio.

    Cosa manca?

    Manca una discussione piu' allargata e piu' partecipata.
    Certo, un blog non e' per forza lo spazio piu' adatto per discutere, ma i commenti sono pochi e ancora meno sono quelli che sviluppano una discussione interessante e costruttiva. Non so ancora come fare a cambiare le cose, o se questa sia la piattaforma adatta. Ma ci sto pensando.



    Manca una pluralita' di voci tra gli autori.
    Cioe', in sostanza, mancano altri autori. Che sono importanti, almeno se si vuole che un blog come questo non si riduca ad essere solo una soapbox in  Hyde Park. Nel caso aveste idee o voleste proporvi per scrivere qualche articolo (anche in cooperazione) contattateci alla mail del blog (paperfishbiologyXYZ@gmail.com, togliendo le lettere antispam XYZ).

    Manca anche di affrontare qualcun altro dei problemi reali del mondo dei pesci e della pesca.
    Non dico cose come la spazzatura sulle sponde o il bracconaggio ma piuttosto altri temi caldi che riguardano di piu' la sfera ecologica e meno quella sociale. Come interazione tra specie, ripristino e gestione, magari anche un po' di ecotossicologia.

    Piano piano, ci arriveremo.

    lunedì 24 giugno 2013

    Sampei - le 10 cose che parevano inventate ed invece... (parte seconda)

    Carpe spaziali! Avrebbe gridato Goldrake se fosse andato a pesca.. (Immagine @ Mobygames)

    A volte serve davvero staccare un po' dalla serieta' e dal lavoro.

    Ultimamente sono rimasto parecchio sotto pressione, lavorando anche alla sera e nei weekend per elaborare un grosso progetto europeo.

    In piu' in cantiere ci sono altri post pieni di informazioni e non sempre facili da leggere e digerire. Dopotutto imparare costa fatica e non ci sono sempre facili scorciatoie.
    A volte occorre rilassarsi, e questa e' una di quelle volte.

    Nella scorsa puntata abbiamo visto le prime 5 cose di Sampei che parevano inventate ed invece sono vere (o quasi). Ora andiamo a fare il pieno del resto.

    6 - Il pesce dei sogni

    Nell'episodio 36 ("il mostro della vecchia palude"), Sampei riesce a guadinare, dopo la solita lotta e chissa' quante madonne, un pesce incredibile.


    Come dicono i soliti  pensionati pescatori onnipresenti nei cartoni di sampei e pronti a consigliare come organizzare il cantiere pescare meglio: "ha la testa di un coccodrillo e il corpo e' quello di un pesce".

    Come dice Sampei, "e' stupendo che esistano pesci che non conosciamo!" Ma parla per te, rEgazzino.

    Lo avrete gia' indovinato, si tratta di un alligator gar, Atractosteus spatula. O luccio alligatore.Un pesce originario degli stati uniti e il piu' grande rappresentante della famiglia dei Lepisostei.

    Alligator gar (@ Wikimedia commons)

    7 - Le carpe cosmiche

    Episodio 39, in pieno periodo LSD dell'autore (fateci caso, un sacco di episodi con robe strane uno attaccato all'altro). Sampei ed il nonno Ippei si cimentano con la pesca delle carpe spaziali, guidati da un tizio con un cappello buffo e le pupille talmente dilatate che ha gli occhi di uno squalo.

    Un tizio davvero credibile, no?



    Ma torniamo alle carpe cosmiche. Queste sarebbero carpe con il corpo trasparente, che si vede tutto dentro.

    No, non esistono carpe o carassi dalla pelle trasparente, anche se alcune mutazioni di pesci rossi sono particolarmente decolorate.
    In compenso esistono parecchi pesci, di parecchie famiglie diverse, che sono quasi perfettamente trasparenti.




    8 - Il takitaro

    Negli episodi 14, 15 e 16 Sampei va a pescare un pesce chiamato takitaro. Una specie di salmerino gigante che vive in un crepaccio idrotermale in fondo al lago.

    Beh, come in altri casi anche qua c'e' un fondo di verita'.

    Esiste davvero un lago chiamato Otori (Otori-ike) in Giappone, si trova davvero sulle montagne e per di piu' si e' formato davvero in seguito ad una frana che ha bloccato un fiume. Proprio come accennato negli episodi.

    Vuoi vedere che anche il takitaro esiste davvero?
    E infatti, pesci simili ai salmonidi ma di dimensioni eccezionali sono la norma nel folklore locale. Questi pesci sarebbero stati avvistati piu' volte, pescati ed anche filmati da una tv locale (filmato che non sono riuscito a trovare). E ce ne dovrebbe essere piu' di uno. Non solo quello che Sampei ha perso nel crepaccio.

    Come al solito le ricerche effettuate hanno portato a risultati poco conclusivi. La popolazione del lago, composta da salmerini di fonte, trote iridee, dolly varden (un altro salmerino del pacifico) e salmoni masu non sembra capace di produrre individui giganti.

    L'ipotesi piu' accreditabile e' che nel lago vi sia una piccola popolazione di Ito (Sakhalin trout) cresciuti a (s)proporzione. Ma c'e' un solo modo per scoprirlo, organizziamo un viaggio?


    9 - l'Ayu

    L'ayu e' un pesce della famiglia degli sperlani. Roba che in Italia non abbiamo ma che all'estero fa andare tutti matti. Sono pesci che vivono poco (in generale 1-2 anni massimo) e compiono migrazioni riproduttive, in questo caso dal mare ai fiumi. 

    Ayu (@ Wikimedia commons)

    Non solo esiste ma anche in questo caso si pesca davvero come mostrato nel cartone.

    La tecnica si chiama ayu-no-tomozuri e prevede l'utilizzo di un pesce vivo come esca che provochi la reazione territoriale di altri pesci. Scontrandosi questi ultimi rimangono impigliati negli ami che compongono la montatura.





    10 - Solo leggende

    Nell'omonimo episodio, il numero 38, Sanpei ha la brillante idea di andare a pescare in un posto chiamato "la palude dei mostri" dove sono spariti molti pescatori, cosi' perche' gli gira.

    Il mostro esiste veramente ed e' una salamandra gigante del Giappone (Andrias japonicus) o hanzaki. E' una salamandra molto longeva che arriva quasi al metro e mezzo di lunghezza.

    Un samurai lotta contro una salamandra gigante (@ Wikimedia commons)

    Mostro mitologico anche nel folklore Giapponese, era all'epoca un anfibio abbastanza in pericolo di estinzione. Esemplari di questa specie (e della specie molto simile che vive in cina) si potevano trovare in tutti i principali acquari e non mi dimentichero' mai quando l'ho vista per la prima volta dal vivo.

    Tra l'altro e' anche l'unico (che io sappia) anfibio resistenti alle infezioni fungine che hanno mietuto vittime nelle popolazioni di mezzo pianeta.

    BONUS

    11 - Il pesce mangia anatroccoli


    Nell'episodio 30 Sampei pesca un siluro usando come esca un topo vivo, portato al largo con un sistema di angurie scavate e galleggianti, e usando una mucca per tirare fuori la bestia. Un sistema abbastanza complicato per tirare fuori quel pesce, che si stava mangiando gli anatroccoli della solita bambina stracciamarr "simpatica" giapponese.

    Niente, con buona pace di tutti, il "namazu" della tradizione popolare giapponese si mangia davvero gli anatroccoli, ma anche uccelli molto piu' grandi.



    Di storie ce ne sarebbero anche altre da raccontare. C'e' quella di Sanpei che si batte per costruire dighe sui fiumi, quella del kokuren, del pesce arabescato, del serpente barzotto, quella dei due o tre episodi ripetuti etc. Magari un domani...


    lunedì 3 giugno 2013

    Sampei - le 10 cose che parevano inventate ed invece... (parte prima)


    Quando si parla di pesca e vintage non si puo' non parlare di Sanpei. Un cartone animato che ha segnato la mia generazione e condizionato le passioni di molti pescatori in Italia.

    E ci e' andata bene, che se ci facevamo condizionare da altri cartoni a quest'ora eravamo dei bombati di steroidi che cercano di far esplodere teste a cazzotti. Oppure staremmo costruendo robot giganti nelle nostre basi sottomarine.
    Ci e' andata bene, vi dico.

    Ai francesi l'hanno tradotto come Paul le pecheur, che piu' gianfransua' di cosi' si muore. Ci e' andata di lusso.

    Tutto nasce da un manga di Takao Yaguchi ('73-'83) chiamato Tsurikichi Sanpei (Sanpei, entusiasta pescatore), poi trasformato in serie TV (109 episodi trasmessi in Italia a partire dal 1982, a tempo record appena finita la trasmissione in Giappone) ed infine nel 2009 anche in un film diretto da Tsunehiko Watase.

    Nel cartone Sanpei, un precisino della fungia traslato nella pesca, va in giro per il Giappone (e il mondo) pescando i pesci piu' grandi sotto al naso di gente che ha cercato di prenderli per una vita. Invece di affogarlo di solito diventa amico di tutti. E' un cartone, ovviamente, ma c'e' qualcosa di vero?

    In parte grazie alla fantasia dell'autore ed in parte grazie alla traduzione in Italiano siamo cresciuti con un concentrato di mito e leggenda, distillato in un cartone. Oggi andiamo a vedere quanto c'e' di vero in 10 elementi portanti del cartone.
    In due puntate da 5 l'una.


    1 - Sampei

    Sampei nella versione originale si chiamava Sanpei, con la enne. Ma si sa, in Italia era il momento di Bigbabol e Bigfrut, vorrai mica lasciare il nome cosi' com'e' che poi i bambini si impressionano pensando ad un santo pescatore e si confondono con Sanpietro.


    E' cosi' che i traduttori (lo studio ARIZONA), magari presi dalla fretta di consegnare il tutto in tempo, oppure per effetto di caffeina ed altre drogucce assortite si prendono la prima grande liberta'. Cambiano il titolo in "Sampei, il ragazzo pescatore" e buonanotte.

    Come vedremo non sara' l'ultima delle liberta' che si prendono.

    Pero' l'intero concetto di Sampei e' comunque ispirato ad una storia vera. Il sig. Yaguchi aveva veramente un nonno ed un migliore amico ai quali si e' ispirato scrivendo il cartone, la zona dove abita Sampei (vicino al monte Kanmuri) esiste davvero ed e' (piu' o meno) come si vede nel cartone, la maggiora parte delle tecniche di pesca adottate sono vere o almeno verosimili.


    2 - Il matsugoro

    Il matsugoro (episodi 40-42) esiste davvero,

    un perioftalmo della malesia (@ Wikimedia)

    ma nonostante il nome giapponeseggiante non si chiama davvero matsugoro ma piuttosto mutsugoro (con la U) oppure ancora meglio tobi-haze (che vuol dire piu' o meno ghiozzo aquilone, in giapponese). Matsugoro (ma anche mutsugoro) sono in realta' cognomi giapponesi, che ovviamente non c'entra niente con i pesci, altra liberta' dei nostri traduttori, ma questa volta passi.

    Questa famiglia di pesci anfibi, chiamati anche perioftalmi, e' diffusissima nelle piane di marea di tutta l'asia, anche se alcune specie sono in pericolo di estinzione.

    E non solo esistono, lo pescano davvero cosi' come abbiamo visto nel cartone. Giuro.


     3 - L'itou delle paludi

    Nel cartone (episodi 24-26) e' un pesce della famiglia dei salmonidi che vive nelle paludi di Kushiro, in Hokkaido. Quello che Sampei e Yachibonz riescono a prendere, dopo una dura lotta, e' lungo un paio di metri.

    Intanto le paludi esistono davvero, e sono davvero a Hokkaido. Niente male come inizio.

    In piu' le paludi ospitano il pesce d'acqua dolce piu' grande del giappone, l'Ito o Sakhalin taimen (Hucho perryi). Bingo!
    Sakhalin taimen (@ Wikimedia)

    E per quanto riguarda le misure? Beh il record IGFA si assesta miseramente sotto ai 10 kg ma un record non ufficiale riporta 2 m  e 10 cm per un esemplare catturato nel 1937 proprio in Giappone. Un fondo di verita' nella leggenda del cartone o un bagliore di speranza per i nostri viaggi futuri?

    4 - Le carpe cruciane

    No vabbe', su queste c'e' gia' il buon articolo del Dr. Skazz. Andatevelo a leggere.

    5 - Il pesce diavolo 


    Nell'episodio 29 Sampei e suo nonno vanno a bracconare scazzoni di notte con la fiocina, ma incontrano una ragazza che cerca di prendere uno scazzone di dimensioni eccezionali e con le corna di un diavolo. Perche' potrebbe farne una medicina per salvare il padre morente. E poi ti chiedi perche' si estinguono i rinoceronti o gli squali sono a rischio...


    Anche qua un pastrocchio di traduzione. Kajika in Giappoonese indica i pesci della famiglia degli scazzoni (in particolare Cottus pollux, quello che pescano in quest'episodio), cioe' i cottidi. Non i pesci gatto, come vengono chiamati nell'episodio. Ma all'epoca non avevano neanche wikipedia.

    Cottus kazika e' la cosa che si avvicina di piu' al pesce diavolo che cercano di catturare per tutto l'episodio. Non ha le corna e non caccia infilzando i pesci con esse. Che io sappia non esistono cottidi con le corna nei fiumi giapponesi, di pescatori con le corna in compenso...

    E' davvero lungo fino a 30 cm ma non e' raro, anzi e' abbastanza comune. Almeno forse se la cava.

    La seconda parte di questo articolo e' ora pubblicata!

    Ringraziamenti:
    Mi pare il minimo segnalare il blog http://voingiappone.wordpress.com/ su cui ho ritrovato l'immagine e il video della pesca al matsugoro, dopo averlo visto su facebook e perso per mancanza di prontezza a prendere nota.

    mercoledì 22 maggio 2013

    La pesca ricreativa e il suo impatto sulla natura





    La pesca sportiva e' una delle attivita' umane con origini piu' antiche.

    Le sue origini sono collocate nel Paleolitico (40.000 anni fa) da reperti archeologici. Ovviamente a quel tempo la pesca era un'attivita' rivolta esclusivamente all'alimentazione ed effettuata con tecniche rudimentali.

    Tecniche che non erano limitate a reti, arpioni o altro ma che svilupparono gia' circa 20.000 anni fa ami e lenze. Queste ultime si sono evolute nei millenni; il primo resoconto storico della pesca intesa come attivita' ricreativa risale al 1496.

    Oggi la pesca sportiva (cioe' non effettuata come lavoro) si e' evoluta non solo nei materiali, ma anche nell'etica. Negli ultimi 10-20 anni una piccola porzione di pescatori rilascia il pescato invece di trattenerlo.

    Vista la mole di praticanti, l'indotto e il valore sociale della pesca possiamo tranquillamente dire che si tratta di un'attivita' importante della sfera umana. Una ragione in piu' per interrogarsi sulle conseguenze che essa ha sull'ambiente.

    Che impatto ha la pesca sulla natura? E quanto incide in rapporto ad altre attivita' umane?

    mercoledì 17 aprile 2013

    Disinformazione: adesso basta!!!


    Nel far west si vendeva l'olio di serpente per guarire da tutti i mali. Oggi e' cambiato qualcosa?

    Non scrivo frequentemente pezzi d'opinione ma oggi e' diverso.

    Oggi e' arrivato il momento di dire basta..

    Il mondo di oggi e' un mondo difficile, ma dopotutto non e' molto diverso dal mondo di ieri, o dell'altroieri. No, non si stava meglio quando si stava peggio, ma certe logiche ricorrono immutate nel tempo. Sono parte intrinseca dell'essere umano.

    Quando arriva una crisi, un disagio, che colpisce una fetta della popolazione ecco arrivare anche chi di questo cerca di approfittare, come un avvoltoio. A volte gli approfittatori non esitano ad alimentare il disagio; perche' piu' disagio equivale a piu' esasperazione e piu' "business".

    Il modo piu' semplice per approfittarne e' trasformare un sentimento in un ritorno economico. Una trasmutazione degna del miglior alchimista, ma tutt'altro che semplice. Richiede un talento che quasi
    non si piu' fare a meno che ammirare.

    Quasi.

    lunedì 1 aprile 2013

    Il pesce dei miracoli


    Eureka priapis, olotipo

    E' piuttosto recente la scoperta di una specie di pesce che abita le correnti dei fiumi della Nuova Guinea, una specie che cambiera' la storia del genere umano.

    Questo piccolo pesce gatto e' rimasto pressoche' sconosciuto per anni e la storia della sua scoperta e' una storia fin troppo comune. Raccolto per la prima volta nel secolo scorso sul campo dal dr. Dick Swell durante una spedizione esplorativa viene descritto con alcune note relative alla zona di campionamento e poi conservato in alcool viene impacchettato assieme ad altri campioni per essere spedito.

    Se ne perderanno le traccce fino a pochi mesi fa, giorno in cui, Brock Thatfrost, un giovane dottorando al museo di Londra incaricato di lavorare alle interminabili collezioni di campioni dimenticati non si rende conto di avere una tesoro per le mani.

    martedì 5 febbraio 2013

    La percezione del dolore nei pesci - parte seconda


    I pesci provano dolore? - Immagine di nature.com


    C'e' poco da fare, per me e' impossibile "stare sul pezzo" come si dice in gergo giornalistico.

    Semplicemente non ho il tempo materiale di finire gli articoli gia' cominciati (e ce ne sono tanti) ne' di aggiornare i vecchi articoli gia' pubblicati che richiederebbero una revisione.
    Figuriamoci di stare al passo con le notizie di "cronaca" che, pur se interessanti, si succedono con un ritmo troppo rapido per i miei tempi.

    Questo caso e' un'eccezione.
    Non perche' l'articolo arriva al passo con le notizie, ma piu' che altro perche' sono stato fortunato nel poter includere nuovi sviluppi in un testo che stavo gia' elaborando.

    Quest'articolo e' la continuazione del primo sulla percezione del dolore nei pesci e ha l'obbiettivo di completare la storia con una revisione degli articoli piu' recenti. Il tutto ha anche molto a che fare con discussioni recenti a svariati livelli che riguardano la pratica della pesca sportiva tout court ed in particolare la pratica della pesca con esche vertebrate vive. Discorso di cui non entro nel merito e che magari sara' oggetto di un post dedicato, in futuro.

    Recentemente e' stato dato molto spazio su tutti i media ad un nuovo lavoro di Rose (nome che suonera' familiare a chi ha letto il primo articolo) ed altri scienziati che condividono la sua opinione.



    Ma e' veramente cosi? Andiamo a vedere..

    venerdì 25 gennaio 2013

    "Carpe cruciane" ed altri parassiti sessuali

    Se, come penso, tra i lettori ci sono degli affezionati del cartone animato Sampei, qualcuno forse ricorderà una puntata in cui il giovane pescatore giapponese introduce in un acquario una femmina gravida di carassio (tradotto erroneamente come "carpa cruciana", dall'inglese "crucian carp") insieme ad una trota ed inspiegabilmente le uova si schiudono, nonostante non ci fossero maschi a fecondarle.
     Il racconto prosegue con Sampei che racconta l'accaduto alla gente del paese, che gli dà di bugiardo. Al che, Sampei ed i suoi amici si rivolgono ad un professore di biologia, il quale spiegherà che le uova sono state fecondate dalla trota e, ciononostante, i pesci neonati non sono ibridi ma carassi al 100%. All'epoca, la mia reazione fu di spegnere la televisione, convinto di dover smettere di guardare cartoni animati giapponesi. Sennonché, anni dopo, scoprii con stupore che la storia è vera, nonostante una grossa inesattezza raccontata nel cartone. Andiamo per ordine. Il pesce in questione è Carassius gibelio, una delle tre specie di carassio introdotte anche in Italia. Esso, al pari di un'altra cinquantina di specie ittiche finora conosciute, ha una peculiarità: le femmine possono accoppiarsi con specie imparentate, come le carpe o altre specie di carassio, dando origine a prole non ibrida. Come si spiega questo fatto?

    mercoledì 12 dicembre 2012

    Ho visto cose..la biologia dei mondi fantastici

    All'eta' di circa 17 anni avevo gia' divorato qualche centinaio di romanzi di fantascienza. Scelta all'inizio dettata per lo piu' da questioni economiche, visto che si potevano trovare ottimi libri per pochi spiccioli, ma poi sfociata nell'amore di una vita.

    Durante l'ennesimo viaggio estivo, in un'estate di quelle che ammorbidiscono l'asfalto, comprai l'ennesimo libro nell'ennesimo cestone delle offerte di un anonimo autogrill. Fu la svolta.

    Come al solito si trattava del secondo libro di una serie (non si trovavano mai serie complete o i libri primi) e non gli avrei dato due lire dalla copertina. Ma dentro e' stata una rivoluzione, una completa ecologia aliena e la sua invasione del pianeta.


    Era un libro del ciclo degli Chtorr, scritto nello stile un po' machista di David Gerrold e fermatosi al 4 volume. Li ho recuperati tutti negli anni successivi, tra una bancarella dell'usato e uno scambio.
    E la passione per questo generre speciale non si fermo' la' ma piuttosto continuo' con altri libri di Niven, Aldiss, Vonnegut, Silverberg e molti altri. Solo molto piu' tardi scoprii che molti di questi autori si avvalevano della consulenza di scienziati serissimi, come il Dr. Cohen, con la passione per l'esobiologia.
    E' una passione che e' continuata fino ad ora e che segretamente coltivo con regolarita'.

    Come potevo resistere quindi, quando i ragazzi del Carnevale della Biodiversita' mi hanno chiesto di scrivere un post a riguardo? E come potete resistere voi a non leggere tutti gli altri post dei blog aderenti?

    Ecco il mio racconto...

    giovedì 22 novembre 2012

    Lucci, accrescimento e genetica - due visioni diverse



    Una bellissima immagine del laboratorio di genetica molecolare del Southwest Fisheries Science Center (NOAA)

    Quando lessi a suo tempo l'articolo scritto da Armando Piccinini su Caccia e Pesca fui colpito dalle conclusioni secche e categoriche sulla gestione della pesca sportiva.

    L'articolo, come afferma l'autore, e' stato ispirato dalla partecipazione al 6th World Recreational Fisheries congress, tenutosi a Berlino lo scorso anno e a cui sfortunatamente non ho potuto partecipare, visto che ero impegnato sul campo.
    Nello specifico Piccinini si e' ispirato alla presentazione di un laureando, Petr Zajicek, che lavorava alla sua tesi di laurea con Robert Arlinghaus come supervisore. Il lavoro presentato al congresso aveva il titolo: Juvenile growth and adult behavior determine angling vulnerability of pike (Esox lucius) in their natural environment e un riassunto e' disponibile nel book of abstracts della conferenza.
    La tesi di Zajicek, incentrata sulla telemetria dei movimenti dei pesci, e' disponibile (in inglese) a questo indirizzo: http://besatz-fisch.de/images/stories/zajicek_masterthesis_2012.pdf  Poco o niente viene detto a riguardo delle connessioni con la pesca, o la genetica, che al momento sono ancora sotto analisi, ad opera di un altro studente: Tonio Pieterek.

    Vorrei riprendere il discorso, perche' reputo l'argomento molto interessante e perche' ho avuto occasione di discuterne direttamente con i ricercatori coinvolti dopo la mia collaborazione con l'Istituto nell'ultimo anno. Come vedremo ci sono molti spunti di riflessione.

    giovedì 8 novembre 2012

    Il boga grip tra necessita' e velleita'



    Non sono un gran sostenitore dell'uso del boga grip.

    Non tanto per l'attrezzo in se' quanto per il modo in cui viene usato dalla stragrande maggioranza dei pescatori. Perche', ricordiamolo, alla fine e' sempre una questione di come si usano gli strumenti che si hanno.

    Recentemente ho trovato questo video che racconta di una ricerca effettuata in Australia, sul barramundi, un pesce della famiglia dei Latidi tra i piu' apprezzati dai pescatori sportivi.
    Apprezzo sempre quando e' possibile divulgare i risultati di una ricerca scientifica in maniera semplice e diretta, come con un video, ma quello che mi ha colpito di piu' e' stato vedere il concetto dello studio "travisato" dallo stesso autore, nella fretta di comunicare.

    Il dottor. Grace, che appare nel video, dice chiaramente che le lesioni alla spina dorsale provocate dal boga grip si sarebbero normalizzate in pochi giorni, e che il danno alla mandibola era di poco conto. Invece, purtroppo, si sbagliava.

    Nell'articolo pubblicato in seguito a questo studio infatti Grace e Gould hanno rilevato danni praticamente permanenti, che permanevano 10 settimane ed oltre. Inoltre tutti i pesci maneggiati con il boga, anche in orizzontale, ricevevano un grosso foro che non era "comparabile con una ferita di un amo" come sostenuto nel video.
    Alla fine puo' succedere, una discrepanza tra risultati preliminari e finali.

    Il tutto pero' mi ha portato a fare una riflessione: il boga grip serve davvero? e se si, quando e come?


    mercoledì 31 ottobre 2012

    Pesca fantasma




    No, non stiamo parlando di storie dell'orrore, anche se non e' un caso che l'articolo venga pubblicato in concomitanza con Halloween. E in un certo senso comunque e' un argomento che fa una certa sensazione.

    La pesca fantasma, o ghost fishing in inglese, e' un termine che si riferisce specificamente alle attrezzature da pesca che, una volta smarrite, continuano a catturare pesci (ma non solo).

    E' un problema che la grande maggioranza della gente comune ignora, e che addirittura viene ignorato anche dai pescatori stessi.

    lunedì 22 ottobre 2012

    Yes, I'm still alive


    Si, lo so, il blog e' andato un po' a scatafascio.

    Purtroppo ci sono momenti nella vita in cui uno deve fare delle scelte. Per quanto desiderato, il blog per me e' sempre stato un modo per occupare il tempo in maniera creativa. Un hobby che mi ha insegnato tanto e che mi ha fatto togliere qualche piccola soddisfazione, ma pur sempre un hobby.

    Ma quando il lavoro (o meglio i lavori) occupa la maggior parte del tuo tempo rimane appena appena qualche ora al giorno per fare tutte le altre cose. E ci sono un milione di cose piu' importanti che aggiornare un blog.

    Non voglio fare un elenco dei motivi (tutti validi, vi assicuro) per cui la voglia di aggiornare mi e' passata. Cosi' come non voglio trasformare il blog in una valvola di sfogo delle mie frustrazioni personali. Il blog ha parlato e parlera' solo di pesci, ecologia ed affini.

    Il messaggio principale di questo post e': SI, SONO ANCORA VIVO.
    Nonostante abbia dovuto aspettare di avere un po' di vacanza per trovare il tempo di scriverlo.
    Ho ancora tante cose da dire, tante storie da raccontare e forse piu' di prima la volonta' di parlare degli argomenti che ho evitato per precauzione.

    Quindi incrocio le dita e spero di riuscire a scriverne quanto prima.

    lunedì 2 aprile 2012

    Diafanizzazione


    Vedere, e far vedere agli altri, lo scheletro di piccoli animali o di animali che hanno un'alta percentuale di cartilagine?

    Si puo'.

    Il processo non e' troppo complicato e prende il nome di diafanizzazione.
    Normalmente per preparare lo scheletro di un pesce, per l'esibizione in un museo o per la pratica didattica, si procede di solito con l'eliminazione delle carni. Processo lungo e difficile che di norma finisce per scomporre completamente lo scheletro. Che va poi ovviamente ricomposto con ovvio dispendio di tempo.

    Lo scheletro di un pesce persico preparato da Udo Savalli (ASU)

    Queste preparazioni in generale oltre ad essere difficili tendono a perdere tutta una serie di ossa che non formano la parte strutturale dello scheletro, cioe' che non sono connesse direttamente con la spina dorsale o le pinne. I migliori preparati si ottengono con teleostei piu' avanzati, come il persico per esempio, per via delle loro strutture ossee rigide e spesso ben connesse tra di loro.

    Ma pesci come gli storioni hanno strutture ossee in parte cartilaginee (Condrostei) e in alcuni pesci l'intero scheletro e' cartilagineo (Condroitti). Alcuni esemplari pur avendo uno scheletro ossificato sono troppo piccoli per essere trattati con comodita' con i metodi classici.


    Gia' da tempo venne quindi sviluppata una tecnica che permettesse di non dover eliminare la carne e permettesse di operare su campioni di piccolissime dimensioni.

    Questo processo che, lo avrete indovinato, viene definito diafanizzazione, comporta la rimozione delle viscere, del grasso e della pelle per poi immergere i campioni in idrossido di potassio.
    Dopo vari bagni in questa soluzione i tessuti perdono i loro pigmenti e si intravedono le ossa sottostanti. A questo punto le ossa vengono colorate con rosso di alizarina, aggiunto alla soluzione.

    La preparazione di un campione puo' durare anche alcune settimane, a seconda della difficolta'. Una volta completato il processo il risultato finale puo' essere preservato all'interno di vasi contenenti glicerina. Come tutti i campioni difficilmente durera' in eterno ma sicuramente.

    Un'ultima nota curiosa riguarda l'uso di questi pesci colorati. Oltre alla didattica c'e' chi ne ha fatto una forma d'arte, con tanto di esibizioni internazionali e pezzi in vendita. Il giapponese Iori Tomita ha perfino un sito con diverse foto interessanti (sue sono le ultime due immagini di questo articolo) che vi segnalo nel caso foste interessati ad approfondire: "New world transparent specimens".

    mercoledì 21 marzo 2012

    "Carpe volanti"

    L'attuale record mondiale di carpa, Scar, pescata da John Bryan. Quasi 45 chili di carpa. Un record che tutti vorrebbero emulare, ma a quale costo?


    Questo articolo e' rimasto in gestazione per troppo tempo ed e' ora di pubblicarlo.
    Anche se rischia di alimentare un acceso dibattito ormai sopito sono convinto che sia un bene parlarne e diffondere un'informazione serena e trasparente su una delle questioni piu' controverse del mondo della pesca.

    Chi e' esperto di carpfishing sa che questo tipo di pesca, nato, se cosi' si puo' dire, negli anni '80 con lo sviluppo di montature ed attrezzatura specifici, e' un'evoluzione di tecniche di pesca piu' semplici gia' in uso in precedenza.

    Questa nuova tecnica ha originariamente come scopo principale quello di selezionare la cattura della carpa rispetto a quella di altre specie. Ma un altro aspetto ricercato dalla maggior parte dei pescatori e' la selezione delle catture di taglia.
    La taglia di una carpa "trofeo" e' cresciuta progressivamente negli anni e soprattutto dagli anni '90 a questa parte catturare una carpa "over X kg" e' diventato l'obbiettivo primario; un concetto aiutato e diffuso dai media di settore.

    Come le aziende produttrici si sono unite ed hanno contribuito a questa richiesta cosi' hanno fatto anche i laghi di pesca sportiva. Nacque cosi' il bisogno di avere delle carpe di grossa taglia nel proprio laghetto per attirare clienti appassionati di questa tecnica.

    Ma queste carpe non sono disponibili per l'acquisto nei vari allevamenti. Il tempo necessario per crescere una carpa fino alla taglia trofeo, anche ai ritmi intensivi degli allevamenti, e' troppo lungo. Oltre che in termini di tempo anche il costo potrebbe lievitare tanto che l'allevatore rischierebbe troppo, e nessuno e' disposto a fare investimenti troppo rischiosi.

    Ecco che se la domanda non puo' essere soddisfatta legalmente si trovano strade illegali per farlo. Ecco il problema delle "carpe volanti".

    mercoledì 29 febbraio 2012

    Lucci siamesi - il sonno della ragione genera mostri


    C'e' un meccanismo perverso nella mente umana. Non si sa ne' il perche' ne' il percome ma spesso anche le persone piu' intelligenti spengono il cervello in alcune occasioni.
    Sia una questione di comodo o una questione di meccanismo "salvavita" il fatto rimane.

    Di esempi di questo fenomeno ne e' pieno il mondo ed il mondo della pesca e dei pesci non fa eccezione. Si fa molto prima a stupirsi di un'immagine e a rispedirla a tutti i propri amici che a chiedersi se questa sia vera oppure no.

    A volte, come abbiamo gia' visto, anche l'incredibile puo' essere vero. Occorre quindi tenere sempre la mente aperta a tutte le possibilita' (ma non troppo, o il cervello rischia di cadere) ma occorre ancora di piu' verificare rigorosamente il piu' possibile tutte le informazioni che troviamo, tanto piu' se provengono dalla rete.
    Il principio generale e': affermazioni incredibili richiedono prove altrettanto solide.

    In molti di voi avranno gia' visto questa fotografia che ritrae un luccio con due corpi ed una testa sola. E' una foto vera? Un fotoritocco? Il prodotto della fantasia, della natura o di una burla ben architettata?

    La famosa foto dei "lucci siamesi" che circola in rete ormai dal 2001


    venerdì 24 febbraio 2012

    Una diga, mille impatti



    A che serve costruire una diga?
    La risposta è abbastanza facile: accumulare una riserva d’acqua, controllare il regime dei fiumi, creare nuovi spazi ricreativi, eccetera. Non ultimo, il fatto di produrre energia idroelettrica, fonte di per sé assolutamente pulita, priva di emissioni di CO2 o sostanze inquinanti.
    Ci sono conseguenze negative che scaturiscono dalla costruzione di una diga?
    Facile anche questo, la risposta è sì.
    Più in dettaglio: le dighe sono dannose per i pesci o li favoriscono in qualche modo?
    Esiste una relazione tra alterazione idrologica e invasioni di specie alloctone?
    Perché, spesso, le aspettative relative alla pescosità negli invasi artificiali non trovano un riscontro costante?
    Qui di seguito tenteremo di rispondere a queste ed altre domande.

    Dato che l’effetto più importante di una diga sul corso d’acqua che la ospita è l’alterazione delle portate, cominciamo con alcuni principi fondamentali che riassumono l’importanza del regime idrologico, cioè l’andamento annuale delle portate di un fiume. I principi sono i seguenti:
    1 - Il regime di un fiume ne caratterizza in maniera determinante l’habitat fisico e la composizione della comunità biologica.
    2 - Il ciclo vitale degli organismi acquatici è scandito dalle portate dei fiumi
    3 - La connettività tra le varie zone di un fiume deve essere preservata
    4 - Le alterazioni del regime idrologico favoriscono l’invasione di specie alloctone

    I concetti, presi singolarmente, sono abbastanza chiari, ma vediamo di approfondire alcuni aspetti che ne conseguono.

    domenica 12 febbraio 2012

    Bioaccumulo e biomagnificazione: due miti da sfatare?

    Tonno rosso, una specie al vertice della piramide trofica (Foto: Leonardo Muto - Francesco Paolini)

    Si dice che la maggior parte delle sostaze tossiche che assumiamo con il cibo provenga dal pesce.
    In particolare ci raccomandano di consumare basse quantità di specie come tonno e pesce spada in quanto, trattandosi di predatori al vertice della piramide trofica, si fanno carico di tutte le sostanze che si trovano ai livelli inferiori, accumulandone grandi quantità nei propri tessuti. Questo fenomeno prende il nome di biomagnificazione, vale a dire l'aumento di concentrazione di una sostanza dalla preda al predatore.
    Ma è proprio vero tutto ciò? C'è differenza, in termini di tossicità, tra mangiare un chilo di sardine o un chilo di tonno, a parità di qualità delle acque? La differenza senza dubbio c'è, ma è necessario fare delle distinzioni che vedremo tra poco.
    Un altro quesito da porsi è se i pesci siano realmente più tossici di altri organismi. Tranne alcune eccezioni, la risposta è sì, o almeno lo sono al pari di altri organismi acquatici. Ciò è dovuto al fatto che il contatto tra i tessuti e le sostanze presenti in acqua è garantito dalle branchie, come vedremo oltre, e dalla capacità di trasporto dell'acqua stessa.
    Ultima questione: ma è possibile che questi benedetti pesci si riempano di metalli pesanti, pesticidi e quant'altro in quantità tale da provocare avvelenamenti di massa, come nel celebre caso di Minamata (http://it.wikipedia.org/wiki/Malattia_di_Minamata), ed essi stessi non risentano affatto di tutto ciò?
    Continuate a leggere e troverete le risposte!